Secondo la relazione finale sull’indagine conoscitiva sulla dispersione scolastica votato dalla Commissione Cultura della Camera circa 110-115.000 ragazzi compresi fra i 14 ed i 17 anni, ogni anno, si trovano fuori dai percorsi formativi e scolastici. Come al solito è il Sud la zona più colpita: addirittura il 42% dei ragazzi che abbandonano la scuola appartengono alle regioni meridionali, con la quota più alta in assoluto, del 20% del totale, riguardante la sola regione Campania.
Il M5S fa della lotta alla dispersione una dei suoi cavalli di battaglia in campo scolastico e il parlamentare Giuseppe Brescia relazione sui dati più importanti emersi in Commissione
Tra le principali cause di abbandono scolastico ci sono, l’origine straniera, un fragile background familiare e, soprattutto, una storia e un percorso educativo molto frastagliato, che parte dalle scuole medie. Ma altri importanti fattori incidono pesantemente su questo fenomeno e sono: la condizione economica delle famiglie, l’inadeguatezza delle strutture scolastiche e dei percorsi formativi, la mancanza di orientamento e di servizi, come ad esempio i trasporti che in alcune zone d’Italia sono di fondamentale importanza.
Quindi, il mancato potenziamento delle misure sul diritto allo studio da parte del governo ha un effetto diretto e indiretto sull’abbandono scolastico, specie nelle aree più deprivate, che si traduce poi in altre pericolose ricadute, come quella del gravissimo fenomeno dell’analfabetismo di ritorno tra gli adulti.
Ma noi siamo in Europa, nostra croce e delizia. E l’Europa, con Horizon 2020, ci chiede di abbattere il fenomeno e portarlo sotto il 10% del totale della popolazione in età scolare, entro il 2020 appunto.
Quali possono essere le soluzioni?
Tra gli interventi individuati per combattere il fenomeno e raggiungere gli obiettivi fissati da Horizon 2020, il M5S sottolinea
1) l’incremento dell’accesso agli asili nido e alla scuola dell’infanzia, soprattutto nelle regioni del Sud d’Italia e nelle Isole;
2) la qualificazione di percorsi di istruzione e formazione professionale, con l’applicazione rigorosa in ogni regione italiana dell’ordinamento relativo all’ampliamento dell’offerta formativa;
3) la creazione di idonei ambienti di apprendimento, (non solo una questione di allestimenti) con la realizzazione di un piano di formazione dei docenti in servizio e di sperimentazione di principi educativi e pratiche didattiche centrati sui fattori d’influenza dell’apprendimento;
Insomma, se la scuola italiana non vuole perdere i suoi alunni in modo copioso come accade adesso, bisogna rendere la didattica più accattivante attraverso l’innovazione didattica al fine di adattare il più possibile l’insegnamento alle esigenze dei ragazzi.
Ce lo chiede, come sempre l’Europa. Ma, chiude Giuseppe Brescia, ciò che più manca all’istruzione italiana sono le risorse. Senza soldi non si canta Messa. E come si concilia tutto ciò con i massici tagli all’Istruzione della legge di Stabilità?
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