“Ero una bambina milanese come tante altre, di famiglia ebraica laica ed agnostica: non avevo ricevuto alcun insegnamento religioso in casa …. Abitavo a Milano, al numero 55 di corso Magenta, con mio papà e i nonni Olga e Pippo: dolcissimi, molto amati. Mia mamma era morta quando io non avevo ancora compiuto un anno … Non avevo mai sentito parlare di ebraismo quando, una sera di fine estate, mi sentii dire dai miei familiari che non avrei più potuto andare a scuola. Ricordo che eravamo a tavola. Ricordo i loro visi ansiosi e affettuosi insieme: mi fissavano mentre comunicavano questa notizia che a me suonava incredibile. Io frequentavo una scuola pubblica, ero anche una discreta scolara, non vedevo motivi per essere espulsa. Perché? Cosa ho fatto di male?, chiesi, e intanto mi sentivo colpevole, colpevole di una colpa che mi restava sconosciuta” (da “Sopravvissuta ad Auschwitz” di Liliana Segre, senatrice a vita della Repubblica italiana).
Il 14 luglio 1938 (anniversario della Rivoluzione francese e degli immortali principi di libertà, fraternità ed eguaglianza), nell’Italia fascista viene firmato, da un gruppo di “scienziati” ed eminenti cattedratici fascisti il documento “Il fascismo e i problemi della razza” (meglio noto come Manifesto degli scienziati fascisti sulla razza), che sarà pubblicato il giorno successivo su Il Giornale d’Italia.
In quel documento si sostiene che le razze esistono, che il concetto di razza è un concetto puramente biologico, che la popolazione italiana è di origine ariana e che si tratta di una razza pura, che gli ebrei non appartengono alla razza italiana e che i caratteri fisici e psicologici degli Italiani non devono essere alterati in nessun modo.
I contenuti di questo documento “scientifico” saranno, qualche giorno dopo (25 luglio 1938), fatti propri dal Partito nazionale fascista tramite un comunicato pubblicato su tutti i giornali del regno.
Circa un mese dopo, il 22 agosto del 1938, viene svolto, per ordine espresso del Duce, un censimento di tutti gli ebrei presenti in Italia, sia italiani che stranieri. E’ il “primo passo” di quello che succederà nei giorni, mesi e anni successivi: infatti, sulla base dei dati del censimento, il 5 settembre viene emanato il Regio Decreto Legge n. 1390, intitolato “Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista”, che impone l’espulsione da tutte le scuole pubbliche del Regno di tutti gli scolari ebrei di ogni ordine e grado, nonché la cacciata di tutti i docenti, dei presidi e di ogni altro dipendente svolgente qualsiasi funzione, di razza ebraica; il 7 settembre 1938 viene emanato il Regio Decreto Legge n. 1381, che impone l’espulsione di tutti gli ebrei stranieri dal Regno (ivi comprese le colonie); il 6 ottobre del 1938 il Gran Consiglio del Fascismo approva solennemente la “Dichiarazione sulla razza”, nella quale si dice, esplicitamente, che tutti gli ebrei del mondo sono nemici del fascismo e che, come tali, devono essere combattuti e limitati in tutti i modi; a novembre vengono emanati altri due decreti: il n. 1728 che porta la data del 17 novembre e contiene norme sui matrimoni misti; il n. 1779, che porta invece la data del 15 novembre (le numerazioni dei decreti in epoca fascista sono alquanto strane: non seguono un preciso ordine cronologico) e rappresenta il Testo Unico della legislazione scolastica razziale fascista, con il titolo “Integrazione e coordinamento in unico testo delle norme già emanate per la difesa della razza nella scuola italiana”. Come si vede il 1938 è proprio un Annus Horribilis: un succedersi incalzante di documenti, procedimenti, provvedimenti che equiparano, sul piano della legislazione razziale, l’Italia fascista alla Germania nazista. Quel che avviene negli anni successivi lo sappiamo: discriminazioni, ghettizzazioni, rastrellamenti, internamenti, deportazioni e, infine, sterminio.
Di tutto questi abomini erano ben consapevoli i nostri Padri Costituenti quando elaborarono la nostra Costituzione repubblicana: l’eco di questi avvenimenti si respira in ogni passaggio del testo, e soprattutto negli articoli, nei commi, e financo nelle parole stesse dei “Principi Fondamentali”, cioè dei primi 12 articoli, a partire dall’art. 3, quello sull’eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione. In esso troviamo anche la parola “razza”, pur essendo noto, ai Padri Costituenti, che la razza non esiste.
Essi vollero questa parola proprio perché, a pochi anni di distanza dall’emanazione delle leggi razziali, fosse chiaro che la Repubblica, a differenza della dittatura fascista, non faceva distinzione basate sulla razza. Nell’art. 6 si va oltre il semplice concetto di eguaglianza e di non discriminazione: si afferma con vigore la “tutela”, con apposite norme, delle minoranze linguistiche.
All’art. 8, inoltre, si stabilisce che “tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge”.
All’art. 10 si prende in considerazione la condizione dello straniero, affermando esplicitamente che “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla Legge. Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici”.
All’art. 11, infine, si dice che “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Sembra di sentire, leggendo l’art. 10 e l’art. 11 della nostra Costituzione, l’eco degli “articoli per la pace perpetua” che Kant, nel 1794, scrisse nel suo piccolo saggio intitolato “Progetto per la pace perpetua”: l’obbligo morale di non considerare uno straniero, in quanto tale, come nemico (diritto cosmopolitico); la necessità degli Stati moderni di accettare limitazioni alla propria sovranità, in nome della pace e della sicurezza internazionali. C’è un altro passo della Costituzione che si lega ai Principi fondamentali ispirati ai valori dell’accoglienza e della solidarietà: è il primo comma dell’art. 34, là dove si dice che “La scuola è aperta a tutti”, a prescindere se un minore sia o non sia entrato regolarmente nel territorio della Repubblica e delle sue condizioni di miseria o di indigenza.
Di fronte a tutto ciò che costituisce il fondamento intangibile e incrollabile del nostro vivere civile, oggi, nell’ottantesimo anniversario delle leggi razziali, nonché nel settantesimo dell’entrata in vigore della Costituzione, eminenti personalità politiche ci propongono (Matteo Salvini) un censimento, su basi etniche, di una parte della popolazione italiana, a ciò aggiungendo (Giorgia Meloni) che “questo non è che il primo passo”
. I successivi quali saranno, quelli che già la storia si è incaricata di condannare ed esecrare e che la nostra Costituzione ha voluto, con la sua saggezza, evitare che si ripetessero in passato e si ripetano in futuro?
Francesco Sirleto
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