Fa discutere la notizia sulla riforma che sta per essere varata in Finlandia, paese le cui scelte di politica scolastica vengono spesso indicate come innovative e magari anche da prendere ad esempio.
L’idea finlandese è quella di eliminare le materie di studio e le lezioni frontali e di puntare molto sul lavoro di gruppo degli studenti.
La proposta che arriva dal “Paese di Babbo Natale” è certamente affascinante e c’è già qualcuno che sta mettendo a confronto il nostro disegno di legge sulla Buona scuola con la proposta nordica. E così è facile che su Facebook si leggano commenti del tipo: “Ci vogliono idee innovative, risorse fresche e non politiche restrittive come quelle che il governo Renzi ci sta propinando”.
Ma, al di là degli entusiasmi del momento, davvero qualcuno può pensare che in Italia il “modello finlandese” abbia la benché minima possibilità non diciamo di affermarsi, ma anche soltanto di iniziare ad essere discusso?
Stando alle cronache giornalistiche di cui per ora disponiamo, il progetto si basa su una vera e propria “riconversione” professionale dei docenti ma non prevede necessariamente nuovi e ulteriori investimenti.
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In Italia un progetto del genere si scontrerebbe immediatamente con la rigidità del meccanismo delle “cattedre” e delle classi di concorso e scatenerebbe certamente lo scontento generale soprattutto nella secondaria di secondo grado.
E’ anche facile immaginare che il meccanismo metterebbe in discussione il sistema della mobilità e forse non solo qello.
Senza considerare che un modello di questo tipo prevede lo scardinamento quasi totale dei programmi ministeriali e di quella impostazione centralistica (e sostanzialmente burocratica) che piace molto a coloro che, magari per opposte ragioni, si oppongono alla autonomia delle istituzioni scolastiche.
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