La prospettiva alta dei contratti economici

La moderazione salariale nata con il Protocollo del 23 luglio 1993 è stata sostituita dal NULLA SALARIALE, irrispettoso del diritto del lavoratore ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa” (art. 36 Costituzione).

Questo periodo dura ormai da otto anni. Troppi! Persino la Corte Costituzionale con sentenza del 24 giugno 2015 (n.178) ha dichiarato che il blocco contrattuale può essere giustificato in un tempo limitato e  per motivi urgenti correlati al risanamento economico. Ora questo tempo è scaduto! Non è possibile, secondo al Massima Corte, andare oltre, anche per non creare una disparità di trattamento con il settore privato.
Da qui i “contentini” governativi, fortunatamente rimasti ancora nella dimensione delle intenzioni. Per il 2016 erano stati promessi 300 milioni (10 lordi a lavoratori); per il 2017 900 milioni. Cifra ingannevole, perché in questo stanziamento ci sono anche i 300 milioni dell’anno precedente. Tutto si traduce in un aumento di 85€ lordi in tre anni. Diciamo 60 € netti di aumento mensile alla fine del triennio.

Fatta questa lunga premessa, indispensabile per inquadrare la situazione occorre ora introdurre la prospettiva. Se non si fa questa operazione, difficilmente capiremo  il movimento della storia” che coinvolge la riduzione dei diritti sociali (lavoro, sanità, istruzione…), l’azzeramento del contratto economico…

Bene tutto questo si chiama Euro! La moneta unica non è neutra, dietro c’è un preciso disegno economico e politico che purtroppo condiziona pesantemente la nostra quotidianità. Scrive il filosofo marxiano e gramsciano D. Fusaro che l’Euro è un preciso metodo di governo.
Il fondamento dell’Euro risiede nel cambio fisso. Un euro italiano, vale un euro tedesco. Pertanto non è più possibile svalutare in modo competitivo, per favorire l’esportazione dei nostri prodotti commerciali, divenuti interessanti grazie al prezzo più basso. Per inciso fino al 2001 il nostro Paese, grazie alle diverse svalutazioni competitive aveva un surplus commerciale superiore alla Germania. Questa posizione privilegiata del nostro Paese si è azzerata negli anni successivi all’entrata nella moneta unica, a tutto vantaggio della Germania, che invece ha visto il proprio surplus crescere. Come scrive l’economista A. Bagnai, un paese forte se non rivaluta, sostanzialmente svaluta, attirando sui suoi prodotti l’interesse dei consumatori.  Ora, non potendo più svalutare la moneta, si è individuata una soluzione “lacrime e sangue” che tocca i lavoratori: si opera una svalutazione interna (riduzione salari, pensioni, licenziamenti…) per rendere attraenti i nostri prodotti. Il quadro spiega la dichiarazione di M. Draghi che per mantenere l’€ e quindi l’inflazione al 2% occorre tenere i salari bassi.

Da qui ne consegue che sarà difficile  per i prossimi anni  avere contratti economici gratificanti, fino a quando i tassi di cambio rimarranno fissi. Tutte le soluzioni, come ad esempio, la grande liquidità immessa nei mercati dalla Bce, sono dei palliativi! L’Euro è strutturalmente incapace di separarsi dalla politica del cambio fisso e finché questa situazione persisterà sarà molto difficile pensare il futuro, costituire una famiglia, fare figli, migliorare la situazione individuale e collettiva. Insomma siamo, come si dice dalle mie parti, ” in un bel casino!”

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