Tullio De Mauro, già ministro dell’Istruzione e accademico dei Licei, dopo avere fatto una disamina dei sistemi di istruzione nei vari paesi a capitalismo avanzato, afferma, con un articolo su Internazionale, che proprio ricerche e gli studi permettono di dire con sicurezza che ogni soldo spesso nella scuola ha un sicuro ritorno sulla crescita del prodotto interno lordo dei paesi. La scuola non è una spesa, è un investimento redditizio. Crescono i livelli d’istruzione, cresce il pil.
Inoltre, sottolinea De Mauro, non è solo questione di economia e d’investimenti, conta la percentuale che questa quantità ha nella spesa pubblica di un paese. È la percentuale a dirci qual è l’impegno di un governo e di un paese nella scuola. Ma, poi, non è solo questione di economia anche perché la crescita della scolarità è un fattore indispensabile per la tenuta di un sistema democratico. La sola istruzione non è sufficiente, ma è necessaria per realizzare una democrazia sostanziale.
E ancora: rilevazioni dell’Ocse e studi recenti mostrano che investire in dotazioni tecnologiche nelle scuole serve a poco o è perfino dannoso se non ci sono allievi già preparati nelle competenze di base (leggere, scrivere e far di conto) e insegnanti in grado di usare le tecnologie per collegarsi con altri insegnanti, per selezionare materiali adatti a una certa classe e per sviluppare un insegnamento interattivo e cooperativo.
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Infine tra i fattori di successo di un intero sistema scolastico o anche degli alunni di una sola classe quello di gran lunga più importante è la qualità dell’insegnamento. Il bravo o la brava insegnante è il fattore decisivo di una scuola buona. Studiare chi è, che cosa fa, e tradurre l’analisi in progetti di formazione iniziale e di formazione in servizio è più importante del denaro. La formazione e il comportamento didattico degli insegnanti sono i fattori consentono, alla luce dei risultati che si ottengono, di definirli bravi.
In pratica, sostiene l’ex ministro, “la capacità di insegnare a studiare in modo produttivo non è una dote innata, ma, come in ogni mestiere, si impara. Si intravedono alcuni tratti del bravo insegnante: conoscenza profonda di ciò che insegna, disponibilità a collaborare con gli altri, a mettersi in discussione, a tenere conto degli scacchi e degli insuccessi per rivedere il modo di stimolare l’apprendimento. Diceva un vecchio professore: se devo bocciare qualcuno, capisco che sto bocciando me stesso. Interi sistemi scolastici suggeriscono riflessioni: dove l’impegno è quello della massima inclusione, del portare tutte e tutti alla fine dei cicli di istruzione, là gli allievi hanno i più alti punteggi nel confronto internazionale. Succede dove non si boccia, come nella nostra scuola elementare o in Finlandia, in Corea, in Giappone. Il seme gettato da don Lorenzo Milani germina lontano nel mondo”.
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