I lettori ci scrivono

La qualità dell’insegnamento consiste nel “fascino”

Ogni giorno diventa sempre più difficile insegnare a scuola. I docenti hanno da svolgere un sovraccarico di lavoro molto più ingente rispetto al passato. Non è assolutamente possibile preparare una lezione se non si approntano anche schede per gli alunni e verifiche minuziose, non è possibile esimersi dalle centinaia di relazioni sulle varie attività didattiche ed extrascolastiche, dalla compilazione del registro elettronico, dall’elaborazione di progetti mirati al recupero o al potenziamento degli studenti, non è possibile non rendicontare punto per punto tutto il programma da svolgere e quello svolto, per arrivare ad accertare le competenze acquisite dagli studenti.
A tutto questo dobbiamo aggiungere i progetti interdisciplinari, le riunioni alle quali bisogna assolutamente partecipare, i corsi di aggiornamento che non è possibile ignorare e, anche, i colloqui con i genitori che, a volte, diventano molto stressanti e anche aggressivi.
Nella sostanza i docenti arrivano stanchi a scuola e vanno via stanchissimi, infatti, durante le ore di insegnamento hanno dovuto, quasi sempre, combattere vere battaglie per farsi ascoltare dai loro alunni, per avere dei compiti ben compilati o per convincerli a farsi interrogare.
Il maggior accumulo di stanchezza deriva, tuttavia, dal mantenere un rapporto proficuo con i propri studenti, i quali, oggi, sono sempre più disattenti e poco propensi a seguire in maniera consona ed educata le lezioni.
C’è un rimedio a tutto questo?
Per le centinaia di incombenze burocratico-didattiche, sommate alla consapevolezza di fare un lavoro statale malpagato, non c’è rimedio, ma per svolgere una buona lezione in un clima sereno e accettabile, forse, il rimedio c’è, ed è usare “il fascino”.
Entrando nel particolare, prima di tutto bisogna pensare che ogni studente, come tutti gli esseri umani, subisce un qualche tipo di fascino e, non potendo affascinarli nelle loro preferenze individuali, perché sarebbe una cosa troppo lunga da fare, i docenti dovrebbero costruirsi un’immagine di “fascino”, generalizzato, che resti loro addosso come un’aurea.
Non stiamo parlando del fascino fisico delle persone, naturalmente no! Stiamo parlando di un tipo di fascino, più profondo e culturale, che serva ad attirare l’attenzione e la fiducia degli altri, a prescindere dall’aspetto esteriore.
<Il grande filosofo Confucio disse: Amare gli altri ed avere cura di loro, è agire con umanità. Comprenderli, è agire con virtù.>
Il docente dovrebbe sempre “agire con virtù”, cioè deve acquisire la capacità di rendere memorabili la sua disciplina e le sue lezioni. Diamo per certo che il docente sia padrone della materia di studio ma, tuttavia, questo non basta, perché egli deve saperla rendere anche comprensibile e interessante, deve saper comunicarne l’utilità, ma deve anche saperla rendere spensieratamente leggera e molto accattivante.
Tutto questo è possibile accogliendo gli studenti “dentro” l’aurea che ci si è costruita con le proprie capacità morali e intellettuali, con l’attenzione attiva verso ogni studente, con la giusta disponibilità al dialogo, senza mai esagerare o mettersi sullo stesso piano degli studenti, inviando messaggi di sicurezza coniugati con atteggiamenti di fiducia e accoglienza.
Il docente che fa tutto questo ha probabilità di diventare “affascinante” agli occhi degli studenti e, dopo averli “affascinati” si pone, con atteggiamento autorevole, come guida della classe, e quasi sempre ci riesce.
Qualcuno può rispondere che questo è quello che fanno tutti i docenti, ma non prendiamoci in giro perché non è vero. Non è vero perché non tutti ci arrivano! Alcuni ci arrivano con l’istinto, altri ci arrivano leggendo libri sull’argomento, altri ci arrivano sul campo nell’esercizio delle loro funzioni. Ma la maniera più veloce per arrivare a capire come fare è riunire queste tre modalità: ascoltare l’istinto, osservare gli studenti in campo e leggere libri e articoli di settore.
La qualità dell’insegnamento dipende dunque, molto, dalla disponibilità che mettiamo nell’insegnare agli altri quello di cui hanno bisogno, solo così, interpretando le loro esigenze e mettendole in relazione alla disciplina di cui siamo “docenti”, saremo pronti ad assolvere uno dei compiti più complicati del nostro tempo: fare acquisire competenze scolastiche ai giovani di oggi e mantenere un giusto grado di serenità in classe.
Per acquistare “fascino” agli occhi degli studenti dobbiamo tenere la mente e il cuore sempre aperti. La mente deve percepire ogni minimo segnale di interesse verso ciò che diciamo e metterlo subito in risalto, il cuore deve rispondere (anche soltanto con uno sguardo, una parola o un cenno del capo) al loro sorriso, alla loro tristezza, alla loro noia, alla loro rabbia, ai loro problemi, alle loro richieste di aiuto.
Questo modo di porsi a scuola mi sembrò, sin dal primo giorno, l’unico possibile che potesse funzionare con i detenuti, senza che loro ne avessero contezza spicciola, ai quali insegno Italiano e Storia da più di vent’anni. La mia autorevolezza è diventata, col passare degli anni, sempre più indiscussa in quanto, dentro il carcere, “passa la voce” del mio comportamento scolastico: sanno che sto dalla loro parte, ma soltanto se ricevo rispetto; sanno che le lezioni possono cominciare con una introduzione speciale, ad esempio una poesia da me recitata a memoria, ma anche loro possono arrivare (col mio aiuto) a recitarla a memoria; sanno che io sono ligia al regolamento, agli orari e alle loro esigenze, ma anche loro devono rispettare gli orari e le mie esigenze di fare lezione; sanno che possiamo parlare di tante cose normali ma con alcuni limiti, tipo il loro caso giudiziario perchè non mi riguarda; sanno che mi interessano i loro problemi di detenuti e il loro umore, ma senza piangerci addosso; sanno che tutti i compiti scolastici vanno svolti, ma possono contare su una mia puntuale spiegazione, ovvero su un suggerimento in più dato al momento opportuno; sanno che “dobbiamo studiare” tutti insieme, perchè la Scuola rende liberi, perché la Conoscenza e la Cultura ci rendono più forti.
A me piace molto insegnare, ma so bene che non è un mestiere facile, specialmente se non si è disposti a dare il massimo di se stessi. Bisogna trovare modi “virtuosi”, colmi di cuore e intelletto, per comunicare con gli altri. Se non si è disposti a mettersi in gioco con piena consapevolezza, a diventare una guida, quasi un manuale da consultare a parole e col pensiero , una strada sicura per chi una strada non la vede o non la sa vedere, allora si incontreranno grandi difficoltà, perché gli studenti di oggi sono cambiati, sono poco seguiti dalle famiglie e poco adatti al sacrificio dello studio, sono troppo stimolati a subire ben altri tipi di “fascino”, che li devia dalla retta via.

Carmela Blandini

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