Disabilità

La questione dislessia a scuola può sembrare sovradimensionata, ma non è così

Di fronte a una campagna di stampa che considera i disturbi di apprendimento tra gli studenti italiani un problema di medicalizzazione della scuola e un prodotto di false diagnosi, l’Associazione italiana dislessia (AID) tiene a ribadire quanto finora dimostrato dalla ricerca scientifica.

E lo fa con un comunicato di Giuseppe Aquino, Formatore tecnico AID e Membro della Commissione Esecutiva del nuovo progetto di produzione di Linee Guida sui DSA, con il quale viene spiegato come in Italia non sia affatto facile ottenere una diagnosi, in quanto l’iter è piuttosto complesso. Infatti, la diagnosi di dislessia in Italia viene eseguita alla luce delle raccomandazioni cliniche fornite dalle Conferenze di Consenso (2007, 2010, 2011). E viene effettuata da un team multiprofessionale (NPI, psicologo, logopedista) secondo precisi criteri diagnostici e, per evitare la rilevazione di falsi positivi, prevede l’utilizzo di test standardizzati, sia per misurare l’intelligenza generale, che l’abilità specifica.

La questione dislessia – scrive AID – può sembrare sovradimensionata. Sicuramente il numero di alunni con certificazione di Disturbi Specifici di Apprendimento, come rivelano i dati forniti dal MIUR, è in significativo incremento. Tra gli anni scolastici 2010/11 e 2014/2015 le certificazioni sono cresciute, ma questo accade anche perché dopo la legge 170 del 2010, la scuola ha un ruolo determinante nella presa in carico degli alunni con DSA e ad essa sono state richieste competenze organizzative, metodologiche, didattiche e valutative che hanno portato ad una maggiore attenzione nei confronti degli alunni con difficoltà di apprendimento e quindi ad una maggiore individuazione di casi sospetti di DSA e alla loro segnalazione alle famiglie con il conseguente riferimento ai servizi sanitari per avviare il percorso per una eventuale diagnosi”.

In ogni caso – ci tiene a ribadire Aquino – la percentuale degli alunni con diagnosi di DSA nella scuola italiana, come risulta oggi dai dati ufficiali del MIUR, non è del 18-20%, come qualcuno afferma, ma supera di poco il 2%, a fronte di una incidenza media che, secondo le indagini epidemiologiche (così come riportato dai dati scientifici nazionali e dalle Linee Guida pubblicate dall’Istituto Superiore di Sanità), si attesterebbe intorno al 3,5% dell’intera popolazione scolastica. Non ci troviamo, quindi, di fronte ad una sovrastima dei casi di dislessia, quanto, piuttosto, alla presenza ancora di una grande parte di sommerso, oltre l’1,5 per cento“.

Lara La Gatta

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