Categorie: Politica scolastica

La rabbia dei giovani e lo sciopero del 12 dicembre

Lo sappiamo, la nostra è una società bloccata, costruita nei decenni su un modello assistenzialistico, senza analisi qualitative, senza verifiche di merito, chiusa in una torre d’avorio, incapace di distinguere i diritti dai privilegi. Iniquità che si aggiungono a note ingiustizie, se non peggio, come è emerso a Roma.

Prima o poi esploderà un nuovo ’68?, mi vien da pensare mentre parlo con questi giovani.

Non lo credo, perché i giovani sono pochi, rispetto al ferreo controllo di tutti i ruoli sociali da parte dei padri e dei nonni. Si, anche dei nonni, basta dare un’occhiata all’età media in certi ruoli pubblici e privati.

Allora, mi chiedo, ha senso uno sciopero generale, come quello del 12 dicembre, se poi le uniche proposte sono il mantenimento dell’esistente e la fuga verso nuovo debito pubblico?

La confusione tra privilegi e diritti, questa la conclusione di una dottoranda, sta avvelenando la nostra società, per un conflitto generazionale che potrebbe prima o poi esplodere.

“Che futuro abbiamo noi giovani, precisa, se ci troviamo, magari preparatissimi, le strade sbarrate da antichi privilegi, come il finto egualitarismo difeso ad oltranza, ad esempio, in gran parte del settore pubblico?”.

Ci sarà mai un momento di rottura, ci chiediamo assieme, dei tanti muri di gomma?

“Scusi lo sfogo…”. Come darle torto?

“Negli stage in alcuni uffici pubblici, mi confessa alla fine, ho trovato personale entrate con concorsi di anni prima, magari ope legis, cioè con varie sanatorie. Così è stato assicurato il posto fisso senza alcun merito, cioè a persone che, ancora oggi, non sanno usare la posta elettronica, che guardano l’orologio aspettando l’uscita. Da noi i giovani non vengono considerati una risorsa, da nessuno. Mentre all’estero chi ha buone idee prima o poi emerge”.

Resta dunque solo l’estero, oppure rimane l’ultima spiaggia dell’arte di arrangiarsi?

 
Redazione

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