Sabato 8 novembre c’erano anche tanti precari della scuola tra i 100mila manifestanti che hanno partecipato alla manifestazione unitaria indetta dai sindacati Confederali per chiedere lo sblocco dei salari. Tra i tanti supplenti della scuola, mischiati a quelli di altri comparti del pubblico impiego, c’era anche Cristiana Lucioli: trentacinque anni, lavora a Firenze come insegnante della scuola primaria.
All’agenzia Ansa, la maestra ha espresso tutto il suo malumore per chi governa oggi l’Istruzione pubblica: “dopo le riforme Gelmini e Moratti – ha detto l’insegnante precaria – stiamo toccando il fondo. Con quest’ultima si rimette ancora di più la qualità dell’insegnamento. Oggi sono scesa in piazza per i miei alunni che sono i primi a rimetterci”.
E ancora: “questo Governo dovrebbe andarsene a casa perché fa danni ovunque, ma se davvero intendono riformare la scuola almeno coinvolgano gli addetti ai lavori”, ha concluso la docente. Va ricordato, a onor del vero, che il Governo proprio in questi giorni sta ultimando la fase di consultazione sulle linee guida di riforma contenute nella ‘Buona Scuola’: una fase che ha coinvolto migliaia di cittadini, docenti, studenti e famiglie (anche se in numero minore rispetto alle aspettative).
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Le realtà del precariato nel pubblico impiego sono tante. Alcune davvero paradossali. Daniele De Angelis, anche lui tra i manifestanti a Roma, ha raccontato di lavorare da cinque anni come tirocinante al ministero della Giustizia, dove guadagna appena trecento euro al mese: “ho quarantun anni compiuti, una moglie e una figlia di nove anni. Non si può andare avanti così, basta con i tagli al pubblico impiego”.
“Chiediamo lo sblocco della seconda parte dei fondi previsti in finanziaria e pari a 7,5 milioni di euro – ha proseguito – almeno così potremmo avere la seconda parte degli stipendi per l’anno in corso. Al momento è tutto fermo e noi tirocinanti, circa tremila in tutta Italia, non stiamo lavorando”.
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