La Rai promette: maggiore attenzione per il pubblico più giovane
Il servizio pubblico radiotelevisivo sembra finalmente voler prestare attenzione alla tutela dei uno dei segmenti più vasti del proprio pubblico: i bambini. A dare questa indicazione, a parlare di cambio di rotta, che intende difendere i giovani, quasi sempre non in grado di interpretare messaggi violenti o comunque pericolosi, è stato direttamente il direttore generale della Rai, Lorenza Lei. L’occasione per farlo è stato l’incontro con i rappresentanti di alcune Associazioni delle Famiglie, dei Genitori e dei Telespettatori: al Forum delle associazioni familiari, oltre che ad Aiart, Moige e Cgd, il presidente ha spiegato che mai come oggi “la televisione di servizio pubblico ha una priorità assoluta: l’attenzione ai bambini e ai ragazzi”. Oltre alle ormai storiche commissioni di verifica delle trasmissioni e de prodotti Rai (la cui ricaduta sul piano preventivo negli ultimi anni ha lasciato molto a desiderare), la Lei ha annunciato che per garantire la tutela dei bambini-fruitori, è stato in questi giorni “avviato un gruppo di lavoro“, la cui finalità è quella di contribuire al monitoraggio qualitativo dell’offerta Rai e all’individuazione di proposte utili alla futura programmazione della tv di servizio pubblico.
Il nuovo corso, naturalmente, non riguarderà solo la “nicchia” di canali e di programmi dedicati ai più piccoli: “non solo ‘Rai Ragazzi’, ‘Rai Educational’, ‘Rai Scuola’ – ha spiegato Lei – ma tutta la programmazione generalista dovrà sviluppare una sempre maggiore sensibilità e capacità di intercettare gli interessi del mondo giovanile. Internet e i nuovi media – ha concluso Lei – sono strumenti importanti che Rai deve saper declinare sempre più efficacemente in una logica di servizio pubblico“.
Resta da capire se ora il presidente riuscirà a trasformare i buoni propositi in nuovo corso: negli ultimi anni le logiche di mercato, lo strapotere dei marchi pubblicitari e delle case cinematografiche hanno sempre più spesso avuto la meglio. Proponendo modelli negativi e trasmettendo, soparattutto nei confronti dei più giovani, modelli tutt’altro che educativi e di alto spessore. Mettendo, quindi, sempre più spesso in seria difficoltà gli agenti educativi tradizionali, su tutti la famiglia e la scuola.