La ratio vs la demagogia

Ancora una volta noi nastrini rossi tirati in causa perché è difficile accettare un destino affidato al freddo ed arcano algoritmo del Miur per ribadire le nostre ragioni di protesta. Noi Nastrini rossi docenti, movimento autonomo e nato dal basso in Puglia che si sta diffondendo in Regioni centro meridionali, continuiamo a credere che non tutto sia perduto. Insegnare a scuola è la nostra ragione di vita, abbiamo aspettato il nostro turno nelle graduatorie ad esaurimento (Gae) in attesa del tanto sospirato ruolo svolgendo supplenze nelle scuole presenti negli istituiti della provincia di residenza. Poi, ad agosto 2015 ci siamo sentiti costretti a partecipare al piano assunzionale, volutamente straordinario, e per i numeri e per le modalità, confidando nell’opportunità di rientrare tutti, al fine di marginalizzare o annullare i gravissimi disagi causati dalla Riforma alle famiglie dei docenti e per le scuole centro meridionali.

 Teniamo a ribadire che se è vero che la domanda di assunzione straordinaria voluta dalla buona scuola era nazionale, è vero anche che essa stessa  è stata normativamente “straordinaria”. Inoltre, sottolineiamo che il comma 100 della legge 107/2015 parla di “preferenza tra tutte le province, a livello nazionale” ma è altrettanto vero che le nostre domande di ruolo non escludono le province in cui noi risiediamo. Non solo, da qualche anno nelle nostre province di residenza le cattedre a disposizione esistono, ma non sono messe per ricoprire i ruoli.

E qui, ci dispiace essere ripetitivi per i gentili lettori, ma ci preme rievocare il dato pugliese emblematico: i docenti deportati con la Riforma sono 3.200. In Regione stanno per essere assegnate oltre 4 mila cattedre”, con l’organico di fatto (cattedre richieste annualmente dalle scuole in Piglia per l’ordinario avvio delle attività didattiche ). E sempre perché i latini insegnavano che repetita iuvant continuiamo a chiederci “come si può mai accettare di abbandonare la propria vita al Sud per lavorare al Nord?” tutto ciò ci sembra un continuo paradosso”. Il tempo indeterminato a scuola, da che mondo e mondo è una benedizione attesa, magari dopo anni e anni di dura gavetta. Perché noi docenti che abbiamo affidato le nostre vite allo Stato dobbiamo continuare a scegliere tra lavoro e famiglia?

La straordinarietà delle nostre nomine è di fatto un evento “straordinario”, ne sono l’esempio le assunzioni di questo anno scolastico che sono state effettuate con il solito sistema da Gae e dai nuovi vincitori di concorso.
 Anche da questo ultimo dato noi desumiamo che al Centro Sud i posti per noi ci sono, allora perché considerarci come delle entità “dannate e deportate” lontano dai nostri affetti e dai nostri alunni?

I colleghi precari hanno scelto di rimanere supplenti svolgendo l’attività di insegnamento nelle Gae per 36 mesi a decorrere dal 1 settembre 2016.  Dopo di che il futuro è tutto da disegnare… e proprio nel comma 131 della legge noi abbiamo trovato la spinta ad aderire alla domanda di assunzione.
Con questo dilemma degno della tragedia shakespeariana ci congediamo dai lettori, invitandoli alla riflessione anche traendo spunto dalle parole del compianto presidente della Repubblica italiana Sandro Pertini: “Si può considerare veramente libero un uomo che ha fame, che è nella miseria, che non ha un lavoro, che è umiliato perché non sa come mantenere i suoi figli e educarli? Questo non è un uomo libero.” [… ] (da un’Intervista – Centro Espositivo Sandro Pertini). La consapevolezza delle conseguenze può rendere lecito un ricatto?

I lettori ci scrivono

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