La regionalizzazione della scuola, come di altre istituzioni pubbliche, promossa dalla Lega e avvallata dal M5S, ha compiuto il primo passo verso l’approvazione: venerdì 21 dicembre la cosiddetta “autonomia differenziata” – prevista dall’articolo 116, terzo comma, della Costituzione ma in 70 anni mai attuata – è stata infatti illustrata in Consiglio dei ministri, dando così il via alla discussione nei palazzi della politica nazionale sulla formazione delle leggi di stampo regionale, fornendo così ampia autonomia per la formazione delle norme su diversi ambiti, come l’istruzione, la salute, il lavoro, la salvaguardia dell’ambiente e del territorio.
L’iniziativa non è stata bene accolta in ambito sindacale, dove si teme che la regionalizzazione faccia crescere il gap già esistente a livello scolastico, e non solo, a livello regionale, con il Sud che si distanzierebbe quindi ancora di più: la Uil Scuola, attraverso il suo segretario generale Pino Turi, si dice “contraria in modo assoluto”, al punto di essere già pronta “allo sciopero generale per contrastate questa ipotesi”, appellandosi “alle più alte cariche istituzionali per un intervento che rimetta valori e priorità nel solco dell’unità nazionale e della democrazia partecipata”.
Secondo il leader del sindacato confederale, “i cittadini, «i territori», come li definisce il governatore Zaia, non sono gli azionisti di questo governo. Gli italiani sono cittadini di un Paese, una nazione che ha una scuola nazionale. Scuola che è funzione dello Stato, che ha unito e unisce il Paese”.
“Nel mondo si guarda all’istruzione come diritto universale e qui, in Italia, in Veneto, ne vogliamo fare un ‘affaire regionale’”.
Il sindacalista si scaglia contro “l’ordine del giorno spinto in avanti senza alcun preavviso e senza un approfondimento con i cittadini italiani”, perché “l’autonomia di una regione non può essere un fatto privato di quella regione. Dividere la scuola, di questo si tratta, mina alle fondamenta l’unità del Paese e il suo stesso futuro”.
La Uil Scuola teme, inoltre, “gli effetti che ci sarebbero, con una scuola condizionata, terreno di scontro politico, e poi bacino di consenso sociale”.
Calamandrei diceva: «quando la scuola diventerà scuola di partito sarà nel senso di un partito al potere (…) Si finanzia la scuola privata e si manda in malora quella pubblica, laica e di tutti».
Il sindacato si appella “alle massime cariche istituzionali che rappresentano l’unità del paese, il Presidente della Camera, il Presidente del Senato e, nella sua veste di garante dell’unità nazionale e della Costituzione, il Presidente della Repubblica, per un intervento che rimetta valori e priorità nel solco della democrazia partecipata”.
“Quello di oggi, ha i connotati di un colpo di mano – ribadisce Turi – una sterzata proprio nel momento in cui l’attenzione delle forze politiche e dei cittadini è indirizzata all’approvazione della legge di Bilancio. Non gli interessi e nemmeno gli ‘azionisti’, ma i valori e principi saranno alla base della reazione sindacale per chiedere l’apertura di un dibattito che coinvolga le forze sociali ai massimi livelli”.
Come già scritto dalla Tecnica della Scuola, le ripercussioni dell’autonomia differenziata si avranno sullo stato giuridico del personale, sugli spazi di libertà, sull’autonomia delle istituzioni scolastiche garantita dalla Costituzione: tutti temi che, secondo Turi, “hanno bisogno di una risposta forte che si aggiunge ai problemi irrisolti e lasciati ad un dibattito tutto incentrato sugli interessi elettorali delle forze di Governo senza alcuna considerazione dei cittadini”.
Come apripista, c’è il disegno di legge della Regione Veneto, approvato oltre un anno fa, che tra le varie cose prevede anche il progressivo passaggio del personale scolastico alle dipendenze della regione, come peraltro già avviene nelle regioni a statuto speciale come Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta.
“Il Governo – commenta ancora Turi – si dovrà assumere la responsabilità di dividere il Paese dal punto di vista culturale, dopo aver accentuato le differenze sociali e economiche”.
“Noi non ci stiamo e ci prepariamo anche allo sciopero generale della scuola che potrebbe caratterizzarsi con una connotazione più ampia di una semplice vertenza sindacale”, conclude il sindacalista.
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