La chiamano la mini Università della Confindustria: di fatto si tratta di percorsi formativi post diploma chiamati ITS Academy. Piovono le prime critiche sull’efficacia degli ITS; adesso che il Parlamento ha approvato la nuova riforma tornano a far parlare di loro, ma chi li critica non lo fa a ragion veduta. Vediamo il perché.
Questi percorsi formativi nascono nel 1998, di fatto non hanno mai avuto in Italia un grande sviluppo e sono stati sempre guardati con sufficienza da chi ritiene che senza l’Università non c’è formazione, non c’è preparazione.
Oggi pur con dei numeri bassi il sistema degli ITS rappresenta un settore efficace in termini di qualità dell’offerta formativa e di occupabilità. Infatti, secondo i dati del monitoraggio nazionale 2022, su 5.280 diplomati, l’80% (4.218) ha trovato un’occupazione nel corso dell’anno 2021, nonostante le restrizioni e le difficoltà causate dalla pandemia (fonte Ticonsiglio.com).
Possono iscriversi a questi percorsi giovani e adulti in possesso di un diploma di scuola secondaria di secondo grado o di un diploma quadriennale di istruzione e formazione professionale, unitamente a un certificato di specializzazione dei corsi di istruzione e formazione tecnica superiore di almeno 800 ore.
Gli ITS sono gestiti da fondazioni create da Imprese che spesso forniscono anche gli insegnanti prendendoli dal campo perché di fondo parliamo di scuole dove la parte pratica ha il suo peso e l’affiancamento operativo pratico dentro le stesse aziende ne è il cavallo di battaglia. In particolare, almeno il 60% della docenza deve provenire dal mondo del lavoro. La didattica dovrà essere di tipo pratico, prevedendo almeno un 30% di tirocinio pratico.
Con la riforma approvata in questi giorni, gli ITS escono dalla fase sperimentale e vanno a costituire un nuovo segmento della formazione post-secondaria, un segmento privato ma con un discreto finanziamento pubblico. Si tratta di percorsi professionalizzanti sul modello dei corsi universitari da 4 o 6 semestri che alla fine rilasciano delle elevate qualifiche specialistiche per il mondo del lavoro secondo indirizzi specifici relativi ai servizi del terziario che variano anche da territorio a territorio.
La nuova riforma, in linea con quanto indicato dal PNRR, affida agli ITS il compito di potenziare ed ampliare la formazione professionalizzante con competenze tecnologiche molto elevate. Di sostenere, inoltre, lo sviluppo economico del nostro Paese e di contribuire alla diffusione della cultura scientifica tecnologica e green. Gli indirizzi disponibili che variano molto con il territorio offrono un catalogo formativo molto legato alle nuove professioni come, ad esempio, quello dell’esperto in meccatronica, del digital communicator, fashion e styling, o fashion shoes coordinator a titolo di esempio.
La riforma ITS 2022 suddivide i percorsi formativi in due livelli, a seconda del quadro europeo delle qualifiche (European Qualification Framework – EQF), ovvero quelli di: 5° livello EQF di durata biennale con almeno 1800 ore di formazione totale tra attività teorica, pratica e di laboratorio e di 6° livello EQF di durata triennale per un totale di 3.000 ore.
I critici dicono che il termine ITS Academy è un termine voluto per copiare il modello americano fatto di oltre 4000 mila Corporate Academy, cioè centri di formazione e innovazione di tipo universitario finanziati da imprese. In Italia parliamo di 40 centri, quindi siamo ben lontani anche dai numeri della Germania e della Francia partiti molto prima di noi.
Il rischio, secondo Il Fatto Quotidiano, è che queste scuole a parte il nome non riescano a decollare neanche questa volta, rimanendo di fatto una copia della precedente versione sbiadita rimanendo di fatto una “formazione professionale che spesso è del tutto autoreferenziale e di dubbia qualità.”
Ci auguriamo che non succeda questo e che il fondo messo a disposizione dal MI (48.355.436 euro annui) venga speso bene e che sempre più studenti possano diventare professionisti del futuro grazie a questi percorsi di formazione alternativi alla laurea.
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