Era molto atteso tra gli operatori dell’Alta formazione artistica e musicale il convegno nazionale dal titolo “La riforma degli studi musicali in Italia dal 2000 ad oggi”, un’occasione di confronto sugli esiti dell’applicazione della riforma a 15 anni dalla legge n. 508 del 21 dicembre 1999 (modificata dalla legge n. 268 del 22/11/2002 di conversione del D.L. n. 212/2002) che ha riordinato l’intero sistema equiparando le Accademie e i Conservatori alle Istituzioni universitarie.
Il dibattito, moderato dal compositore Andrea Talmelli, in passato insegnante del Conservatorio di Parma e per anni direttore dell’Istituto pareggiato di Reggio Emilia, è stato introdotto da Marcella Crudeli, presidente di E.P.T.A. Italy – la sezione italiana dell’Associazione Internazionale degli Insegnanti di Pianoforte, che ha organizzato l’incontro – e già direttore del Conservatorio “L. D’Annunzio” di Pescara nonché docente di pianoforte presso il Conservatorio “S. Cecilia” di Roma.
Molti degli intervenuti hanno sottolineato nel proprio intervento l’incompiutezza della riforma.
Il presidente della Conferenza dei direttori dei Conservatori di musica, Paolo Troncon, ha stigmatizzato i ritardi e avanzato alcune proposte concrete di attuazione. Il referente nazionale del Cnafam (Coordinamento nazionale formazione artistica, musicale e coreutica), Domenico Piccichè, ha incentrato il suo intervento sulla formazione musicale e coreutica extraconservatoriale, mettendo in evidenza “l’attuale inadeguatezza, sia da punto di vista quantitativo che qualitativo, la totale assenza di programmazione e coordinamento, e la conseguente incapacità di porsi – senza un profondo ripensamento e una severa ristrutturazione – come possibile alternativa ai corsi di formazione di base ancora attivi nelle Istituzioni Afam”.
Mentre i rappresentanti del Conservatorio di Adria hanno polemicamente attaccato alla radice l’impianto stesso della riforma, il musicologo Guido Salvetti, già direttore del Conservatorio di Milano, ha invece difeso l’impianto originario della riforma, ma, secondo quanto riportato nel comunicato pervenuto dal Cnafam (www.cnafam.weebly.com), “ha puntato il dito contro l’assenza della politica, che ha abbandonato il settore a una triade perversa composta da burocrazia ministeriale, casta sindacale e Conferenza dei direttori, con il risultato di un annacquamento, se non uno stravolgimento, del senso stesso della riforma”.
Dal convegno del 26 maggio a Roma, in conclusione, è emersa “la necessità che la politica ritorni a farsi carico delle proprie responsabilità, e a riprendere in mano le sorti di un settore, quello della formazione artistica, musicale e coreutica, che costituisce ancor oggi un vanto per il nostro Paese”.