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La riforma degli studi musicali

Lo scorso 3 dicembre si è concluso l’impegno del Gruppo di lavoro per il raccordo tra l’Alta formazione musicale e la Formazione musicale di base con la consegna al Ministro della relazione finale e dell’annessa documentazione sulle problematiche e gli indirizzi di attuazione della legge di riforma dei Conservatori di musica. Nonchè della sua armonizzazione con la riforma della scuola primaria e secondaria, per come reipostata dalla nuova maggioranza governativa.
Ciò avviene a distanza di ben due anni dall’entrata in vigore della legge-quadro del 4/1/2000: una riforma attesa da un ventennio e resa peraltro ormai improcrastinabile dall’apertura del mercato europeo del lavoro e dai conseguenti provvedimenti di armonizzazione degli impianti formativi universitari ed accademici dei paesi – Italia inclusa – coinvolti in più accordi e protocolli d’intesa.
Appunto in tali prospettive, sconcertano l’assoluta lentezza con cui si procede all’attuazione regolamentativa della suddetta legge e la carenza di buona informazione sugli argomenti implicati, persino presso gli stessi operatori del settore. Quasi che, al di là dei vincoli normativi di una legge dello stato – approvata a suo tempo grazie alla benefica convergenza di maggioranza ed opposizione -, si voglia accreditare una sorta di destino tendente a mantenere lo statu quo di una lenta ma inesorabile consunzione di tali Istituti, sicuramente gloriosi per la storia patria ma che mantengono ormai statuti ed impianti programmatici di matrice ottocentesca.
Il livello propositivo prodotto dalla Commissione, a parte qualche sbavatura, è sicuramente consistente. Ma il passaggio all’attuazione concreta sembra non voglia tenere nel dovuto conto, per la lentezza esasperante dei tempi, le buone ragioni dell’intero mondo artistico e musicale; e soprattutto il diritto allo studio degli allievi che si troveranno, nei termini previsti, privi di un titolo di riconosciuta validità europea.

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Redazione

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