Gentilissimo Presidente del Consiglio, con la presente rispondo al suo video messaggio e alla lettera che ha mandato all’intera “classe” docente. Da docente che entra in classe tutti i giorni le vorrei spiegare giusto due cose, in modo da informarla, (considerando che coloro che la circondano non sono riusciti o non hanno voluto spiegarle il tutto).
Compito della scuola non è solo quello di istruire, ma anche quello di educare e formare i cittadini di domani, cittadini che devono confrontarsi con la società dove pullulano usi, costumi, tradizioni e religioni diversi. Il confronto può avvenire solo se collaborazione, cooperazione, tolleranza e uguaglianza diventano i cardini del vivere quotidiano. In un mondo dove i giovani, per svariati motivi, non riescono a trovare la loro strada, è necessario che abbiano dei modelli e dei buoni esempi. Questi buoni esempi non si ravvisano nella proposta di riforma in quanto la scuola non verrebbe più a essere gestita come “luogo di cultura”, dove tutti sono alla pari e hanno le stesse possibilità, ma come azienda, dove ogni “dipendente” entrerebbe in conflitto e in rivalità con l’altro per essere il primo della classe, per guadagnare di più e per accaparrarsi i favori del “capo”.
Nella scuola “azienda” verrebbe così a mancare quel clima di collaborazione e quel valore inestimabile che si chiama uguaglianza”. Nonostante le molteplici Riforme che nell’arco degli anni si sono succedute e, nonostante la mancanza di fondi, noi insegnanti ci siamo sempre rimboccate le maniche e abbiamo portato avanti con orgoglio una scuola libera e non condizionata da vincoli. Non accettiamo di essere spronati alla competizione: la scalata sociale avverrà nel mondo del lavoro. Accettarsi, dialogare e confrontarsi devono essere gli esempi che la scuola deve dare alle nuove generazioni.
La proposta di riforma parla di “Buona Scuola” ma, nella stesura del testo, qualcuno ha dimenticato che per scuola s’intende serena cooperazione fra alunni, personale ATA, dirigente e docenti; alcuni componenti citati sono stati dimenticati completamente: neanche un accenno. Prendiamo in esame gli alunni: non si parla di curricolo, non si parla di ulteriori mezzi compensativi per i DSA e per tutti quei bambini che presentano problematiche legati a cause particolari; non si parla di spesa per “computerizzare” le aule sprovviste.
Si sente tanto parlare di scuole aperte, ma come si farà se sono stati preannunciati ulteriori tagli all’edilizia scolastica? I soldi, però, ci sono per le scuole. Scuole private che potranno permettersi soltanto alcune categorie di persone. E gli altri? Gli altri, quelli le cui famiglie non possono permettersi il lusso di pagare una retta mensile, sono destinati a restare fuori da quell’istruzione che la Costituzione italiana garantisce a TUTTI. Non è forse che al Governo serve un popolo “ignorante” affinchè le poltrone dei politici di oggi diventino, in futuro, le poltrone dei loro figli e dei loro parenti? Ritengo che in uno Stato democratico, ogni cittadino debba essere libero di scegliere la scuola pubblica o privata per i propri figli, ma lo Stato deve garantire a tutti un percorso formativo che consenta di raggiungere un grado di istruzione e acculturazione pari a chi, economicamente, può permettersi la frequenza di una scuola privata. La soluzione prospettata dal rapporto del governo è di delegare, di fatto, ai privati, il compito di investire nella scuola, con la conseguenza della sua trasformazione in fondazione.
Come tale, la scuola-azienda diventerebbe un’istituzione privata alla quale verrebbe riconosciuta la personalità giuridica e quindi imporre luoghi, tempi, curricoli , provvedimenti e comportamenti che risulterebbero lontani dalla didattica e dalla formazione del cittadino di domani. E che dire del Personale Ata? Altro fantasma nella proposta di riforma. Forse perché sottovalutato il loro lavoro? Forse perché non sono a contatto con gli studenti? In una scuola degna di questo nome, a ogni componente deve essere riconosciuto il giusto valore!!!
Vengono aboliti e vanificata l’esperienza di una vita a contatto con studenti che fino a oggi si sono diplomati e laureati. Inoltre, gli scatti sono legati al merito, formando così una scala gerarchica dove c’è chi giudica e chi viene giudicato. La proposta di riforma non dice chi saranno i “giudici” e non parla di criteri docimologici che permetterebbero una valutazione oggettiva e non influenzata da simpatie e antipatie. Benvenuto clientelismo!!! Secondo me la strada da seguire non è questa. Desideriamo invece autovalutarci, confrontare le nostre esperienze, fare tesoro dei buoni progetti e delle buone idee ma, soprattutto, frequentare corsi di formazione (tenuti da competenti) che sicuramente migliorerebbero le già acquisite competenze di ogni docente.
E’ incostituzionale e a differenza di quanto detto da lei nel video, rappresenta uno sbocco di lavoro solo per parenti e amici e per tutti quelli che, pur di lavorare, potrebbero cedere a eventuali ricatti o a un servilismo imbarazzante. La televisione e i mass media non fanno altro che ricordarci l’alto tasso di corruzione che dilaga in Italia, e allora, chi assicura che un capo d’istituto non faccia lavorare gli insegnanti in cambio di tornaconto personale? Riteniamo che l’aumento dei poteri dei DS scardini i principi della democrazia scolastica fondata sul pluralismo e sulla libertà d’insegnamento, ponendo i docenti in un rapporto di sudditanza.
Il preside sceriffo, oggettivamente, potrà scegliere i docenti sulla base degli ambiti territoriali (come? a chi si prostra di più?). Il Dirigente Scolastico potrà utilizzare i professori in classi di concorso diverse da quelle per le quali sono abilitati. Inoltre sono state ridotte anche le percentuali dei docenti che andranno a beneficiare di un “bonus”, infatti dei famosi 60,00 euro non ne beneficeranno il 66% come previsto alcuni mesi fa, bensì il 10%. Anche i 200 milioni di premialità da assegnare ai docenti più “meritevoli” rimarranno in capo al DS. Mi chiedo: quali sono i criteri per l’assegnazione di questi incentivi?
Si sente dire: “Ma come, immettiamo in ruolo i precari e contestate la proposta di riforma?” E no, le cose non stanno così. I precari sono un capitolo “fuori riforma”, perché prima di tutto l’immissione in ruolo (se ci sarà) è un sacrosanto diritto di chi ha speso una vita nella scuola e ancora non si è visto riconosciuto quello che gli spetta, inoltre perché è imposizione dell’Unione Europea. Ulteriore considerazione sui precari. Ha tenuto conto di quei colleghi che si sono abilitati con il TFA? Non penso. Ha tenuto conto di quei colleghi che si sono abilitati con i PAS? Non penso. Terrà conto di quei colleghi che si stanno specializzando con il Tfa sostegno? Non penso. Mi fermo perché la lista è troppo lunga. A quanto si evince dalla proposta di riforma, i precari dovrebbero accettare qualunque incarico su più scuole e classi, lasciando così nel dimenticatoio la professionalità dei docenti e la tanto decantata continuità didattica (quella vera non quella a cui faceva riferimento lei). Questa riforma fa acqua da tutte le parti.
Alla luce di tutto ciò, Unicobas continua a chiedere il ritiro immediato di questo DDL vergognoso e considera necessario riproporre una discussione sulle politiche scolastiche secondo un metodo democratico, partecipato e trasparente. Non può esserci uno stato democratico e pluralista se non vi è una scuola democratica fondata sui principi costituzionali.
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