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La riscoperta dei Classici: Il canto di Maometto (Mahometsgesang) di Goethe

Mentre l’Islam brucia e si confondono le guerre di religione, annerendo di bruma caliginosa l’oriente delle “Mille e una notte” sulle scintille accese contro il profeta Maometto, potrebbero forse essere ripresi i versi, scritti intorno al 1773, dal poeta tedesco Johan Wolfgang Goethe, negli anni in cui l’oriente era percepito odoroso di frutti e spezie, di abbondanze e lascivie.

Il Maometto dell’invezione occidentale

Quei versi si trovano nel “Mahometsgesang”, il Canto di Maometto; il Maometto che è pure il Bafometto della tradizione misterica e occulta attribuita ai templari, ma che nell’ode e nelle intenzioni di questo straordinario artista tedesco diventa allegoria del fiume impetuoso e ricco, fertile e generoso che invade tutte le contrade del deserto.
E fresco, come la baldanza della giovinezza, scorre e danza per le dune, e altri ruscelli si accostano a lui come compagni, per procedere insieme sempre più sicuro e largo verso l’Oceano mare.
E simile al fiume, Maometto percorre il deserto che lo festeggia mentre sotto il suo passo crescono i fiori della sua dottrina: e lui prende i fratelli della pianura, prende i fratelli della montagna con sé e tutti verso il mare. E in rotolante trionfo dà egli nome a paesi, e città sorgono sotto il suo piede fertile.

Il padre verso cui tutti tendono

Il fondatore dell’Islam è dunque il padre verso cui tutti tendono, perché lui porta i figli là dove essi desiderano andare, per la loro stessa natura, per loro stesso innato istinto: verso il vasto mare della sapienza religiosa e della conoscenza, lui che è portatore del sapere rivelato.
Prima ancora dunque che Napoleone scopra i segreti più intimi e veri di questo oriente, tanto immaginato quanto poco indagato, riportando rappresentazioni impensate e documenti inediti, compresa la stele di Rosetta, Goethe cerca di stabile con Maometto e l’oriente una sorta di similitudine simbolica in cui il germanico padre Reno (quello di Arminio e di Loreley, di Sigfrido e del Flauto magico) affiori in tutto il suo peso mitico e rievocativo. Ma dove affiora pure il grande rispetto per questo profeta dell’oriente fiabesco che riesce a dare compattezza al suo popolo migrante e disperso, umiliato e diviso. Porta con sé Maometto i suoi fratelli, i suoi tesori, i suoi figli verso quel genitore che attende con passione di gioia ad accoglierli.

Il cattolico Goethe

E nessuna valle ombrosa lo trattiene, nessuno dei fiori che si attorcigliano alle sue ginocchia ferma il suo continuo camminare.
Cattolicissimo, il Goethe che fa salvare l’anima di Faust dalle grinfie del diavolo, intuisce che la predicazione di Maometto ha valore fondamentale per il popolo arabo. Resta dunque un monumento occidentale, questa ode del tedesco Goethe, innalzato alla cultura araba e al suo profeta Maometto che in ogni caso fu così grande e impetuosamente valoroso da saper portare in rotolante e travolgente trionfo una intera stirpe.

Pasquale Almirante

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