Gli insegnanti francesi giovedì scorso hanno scioperato, uno sciopero definito storico, la “rivolta degli insegnanti” lo hanno definito i giornali francesi e ampia eco ha avuto sulla stampa anche di altri Paesi.
Ha aderito il 75% degli insegnanti, una percentuale impensabile oggi in Italia, si pensi allo sciopero di Flc Cgil, UIL Scuola, Snals, Gilda del 10 dicembre scorso contro la legge di bilancio 2022 e per il contratto ha aderito poco più del 6% degli insegnanti.
Lo sciopero in Francia è stato proclamato da 11 sindacati su 13 e più della metà delle scuole non ha aperto i cancelli.
Gli insegnanti hanno scioperato contro i protocolli del Ministro Jean Michel Blanquer introdotti a partire dal 3 gennaio, data della riapertura delle scuole in Francia e già modificati tre volte.
In Italia la scuola è riaperta da pochi giorni con professori (15%) e studenti assenti perché positivi e con le classi ormai dimezzate o deserte con didattica a distanza o mista.
Cresce la paura per i contagi che si diffondono, mentre gli studenti medi già da martedì si sono mobilitati in tutto il Paese contro le riaperture, chiedono scuole sicure e nella situazione di emergenza in cui siamo chiedono la didattica a distanza.
Anche i DS si sono mobilitati e inascoltati si sono rivolti al Ministro, hanno detto che non riescono a gestire le scuole con le rigide regole imposte dal governo per decreto.
I genitori poi sono divisi tra coloro che vogliono comunque la scuola aperta e coloro invece che vorrebbero chiuderla, i primi hanno fatto manifestazioni e ricorrono contro le ordinanze di chiusura dei sindaci e in Campania del Presidente De Luca, i secondi non mandano i figli a scuola o chiedono ai DS la DAD.
E gli insegnanti?
A dire il vero sono proprio loro gli assenti in questo momento, anche se lamentano la loro esclusione dal dibattito, lamentano di non essere intervistati dalla stampa, di non essere invitati in TV, vorrebbero un Ministro che fosse un insegnante, lo hanno avuto ed è stato pessimo, ma il lamento è solo pari all’ inazione a differenza dei loro colleghi d’oltralpe.
In un sondaggio promosso da SBC ma esteso a molti gruppi Facebook di insegnanti risulta un dato a dir poco sconcertante, gli insegnanti non ritengono opportuno neppure esprimersi sul modo di manifestare il loro dissenso per la decisione del Governo Draghi di riaprire le scuole il 10 gennaio, creando una situazione caotica e ingestibile di cui comunque si lamentano in modo ossessivamente e puntigliosamente ripetitivo sui social.
Infatti al sondaggio hanno partecipato poco più di 200 docenti. Di questi solo una minoranza crede opportuno partecipare a una manifestazione in piazza contro l’apertura delle scuole in questo momento di picco pandemico, ancor meno a uno sciopero, nei commenti lo sciopero è considerato inutile e come un regalo allo Stato.
La maggior parte di coloro che hanno partecipato al sondaggio pensa che si possa esprimere efficacemente il dissenso, firmando on line Appelli contro la riapertura delle scuole. Appelli che sono stati proposti nei giorni precedenti l’apertura ma che hanno raccolto poche migliaia di firme.
È un sintomo preoccupante del livello di passività dei docenti in Italia, una sorta di impermeabilità alla mobilitazione a differenza dei docenti francesi e lo si era visto già nello sciopero del 10 dicembre.
Un misto di indifferenza, pessimismo, scetticismo e un sentirsi sconfitti in partenza li condanna all’inazione o quel che peggio a pensare che ogni azione sia inutile e ogni decisione che li riguarda non possa essere modificata e quindi va accettata sia pur dando vita a una catena di lamenti espressi sui social, la nuova frontiera in cui si consuma l’incapacità di agire dei docenti, tanto passivi nella realtà tanto attivi nel virtuale.
Peccato che le lotte si facciano nelle piazze non sui social.
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