I lettori ci scrivono

La rivoluzione o involuzione antropologica della didattica

Didattica alternativa a quella tradizionale con nuovi metodi e strategie. Inclusione, competenze, conoscenze, abilità, sono alcuni dei vocaboli più in uso nell’universo della didattica, delle metodologie che servono per condurre gli studenti al pieno possesso delle competenze. La scuola deve per sua natura sociale, antropologica, formativa portare alla piena inclusione. Ma questa eccessiva inclusione dove porta?

Sicuramente non conduce verso la qualità dell’istruzione, perché la massificazione della scuola apre tutti all’istruzione a discapito della qualità della stessa. L’obbligo scolastico che le leggi del sistema nazionale d’Istruzione vogliono addirittura portare al diciottesimo anno non è la strada maestra anche se questo un po’ stride con il dettato costituzionale, in cui si afferma che “tutti anche se privi di mezzi hanno diritto a raggiungere i gradi più alti dell’istruzione”. La scuola quindi è importante e studiare è un diritto sacrosanto di tutti gli studenti che spesso viene calpestato dalla presenza nel contesto scolastico di alunni che continuamente ledono il diritto allo studio. È inutile, in un ambiente didattico complesso parlare di conoscenze, competenze, abilità, strategie didattiche. Tutte le strategie producono risultati, ma ci vuole l’interesse e la volontà, il coinvolgimento dell’alunno che deve cooperare con l’insegnante non portarlo alla sfida.

Abbiamo poi e, si sta sempre più diffondendo, la scuola illusiva ed è quella che si contrappone alla scuola inclusiva, alla scuola reale, cioè alla scuola che “dovrebbe” formare, ma non forma.

La scuola illusiva è la scuola della “meraviglia”, dello stupore, che fa intravedere le cose e che illude l’alunno di essere un “genio”, ma nella realtà non lo è. La scuola illusiva non punta al successo formativo ma cerca soltanto di abbagliare l’alunno, di “ingannarlo” facendogli osservare una mondo edulcorato, molto lontano da quello reale, completamente avulso. La scuola illusiva, quella che fa sgranare occhi e spalancare orecchie a genitori e alunni, offrendo loro la visione di un mondo scolastico e di una didattica alternativa capace solo di destare meraviglia, stupore o meglio far vedere in forma “paradisiaca” quello che nella realtà cogente non esiste affatto. Insomma si tratta di una didattica esteticamente bella, entusiasmante, capace di creare momenti di gloria, ma che al suo interno si presenta come un guscio vuoto, inconsistente.

Ebbene sono lontani, ormai i tempi in cui si faceva a scuola una didattica formativa, capace di riempire le teste dei nostri alunni, di prepararli alla vita, ad affrontare tutte le difficoltà che la vita pone davanti. Ormai tra didattica formativa e didattica illusiva non si capisce più a chi dei due termini dare la precedenza. Fatto sta che la scuola italiana ha urgente bisogno di cambiare rotta, di mutare pelle se si ha la volontà di farla risorgere dalle ceneri. La professione docente è diventata molto delicata perché si innestano diverse dinamiche nel processo di insegnamento e di apprendimento. Mentre in passato gli studenti erano ricettori passivi delle nozioni fornite dagli insegnanti, i quali erano trasmettitori dei saperi disciplinari oggi, invece, svolgono un ruolo attivo e il docente svolge la funzione di facilitatore e non più quella di trasmettitore delle conoscenze. Insomma, si creano delle dinamiche di relazione durante le quali tra il docente e l’alunno si deve creare una sorta di interscambio e lo stesso insegnante deve mettersi in continua discussione soprattutto per catturare al meglio l’attenzione degli studenti. Tenere alta l’attenzione in classe e suscitare l’interesse degli studenti non è una cosa semplice ed è proprio su questo metro che si misura la capacità del docente nelle relazioni di classe. Tuttavia una delle strategie didattiche più efficaci è quella di porre agli studenti domande su argomenti che possono suscitare in loro interesse e soprattutto curiosità. La curiosità di conoscere, di sapere, di apprendere, di scoprire un mpondo nuovo e mai esplorato è una buona base di partenza per affrontare qualsiasi tipologia di argomentazione in classe. Un valore aggiunto a quello delle conoscenze pregresse è l’utilizzo degli strumenti che “accompagnano” l’azione didattica, ossia l’utilizzo delle strumentazioni informatiche capaci di attirare l’attenzione.

Le LIM (Lavagne interattive multimediali) svolgono un ruolo significativo nel processo di insegnamento e di apprendimento perché permettono di svolgere al meglio il processo di ricerca-azione da parte degli studenti, cosa che li coinvolge direttamente e il ruolo del docente è soltanto quello di facilitatore e di intermediatore tra la LIM e gli studenti. Una didattica visiva fatta di immagini, di colori, di filmati si mostra oggi più efficace rispetto a quella tradizionale della lezione frontale dove il docente “passa” le sue conoscenze agli alunni. Partire dalle immagini per arrivare al testo si rivela un ottimo metodo di apprendimento perché le immagini catturano istantaneamente la curiosità e restano subito impresse nella mente dello studente, il quale (se il clima della classe è positivo) si sente nello stesso tempo attore e protagonista della lezioni: pone domande, chiede spiegazioni e chiarimenti partendo proprio dalle immagini, dai filmati.

L’unico neo è che non tutte le scuole d’Italia sono dotate di strumentazioni per favorire una didattica visiva e su questo la sfida del futuro della scuola è importante.

Mario Bocola

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