Dopo decenni di menefreghismo nei confronti della Scuola non mi spiego tutta questa fregola di rientrare in classe nonostante l’epidemia, se non come un rigurgito della peggiore demagogia, alimentata da politici e amministratori che conoscono la situazione della Scuola solo per sentito dire.
La possibilità di risolvere nel giro di due mesi la cronica mancanza di spazi e di sicurezza che affligge gli edifici scolastici è pura fantascienza – tra l’altro, lo spazio eventualmente recuperato introducendo i banchi singoli sarà occupato dalle immense cataste di banchi dismessi.
Dice: “Ma i ragazzi stanno già ammassati fuori dai bar, nei parchi, nelle piazze” – vero, ma almeno stanno all’aperto. Trascorrere sei ore al giorno in un ambiente chiuso, in gruppi anche di sole 13-14 persone (la metà degli studenti di una classe media) è come invitare il virus a nozze.
Il rispetto della distanza di sicurezza da parte di studenti dai 5 ai 17 anni è una pia illusione, per ovvie ragioni di ‘esuberanza’ giovanile. Senza contare che l’età media dei lavoratori della scuola è di 50 anni: una fascia di età sicuramente più a rischio di un adolescente o di un bambino (e la cosa mi riguarda personalmente, visto che sono un insegnante ultracinquantenne).
Per non parlare delle cosiddette “sale professori” e dei bugigattoli dove stazionano i collaboratori scolastici: ambienti minuscoli e sovraffollati, ideali per nuovi focolai.
Un’ultima considerazione: ogni anno, durante l’inverno, nella scuola materna, primaria e media, si ammala di influenza almeno uno studente su tre (parliamo di quasi due milioni di soggetti). Finora, se i giorni di malattia erano meno di 5, si poteva rientrare a scuola senza alcuna certificazione; se l’assenza superava i 5 giorni, bisognava presentare un certificato, commissionato per telefono al medico curante. Adesso chi ci assicurerà che lo studente ‘in malattia’ non abbia contratto il covid e che non rientri in classe come portatore sano? Non mi risulta che siano state disposte misure di controllo al riguardo; tuttavia alcune Regioni chiedono agli insegnanti di sottoporsi al test sierologico prima di rientrare in servizio.
La scelta più coraggiosa e prudente sarebbe stata quella di riprendere le lezioni a distanza fino a novembre o dicembre, in modo da limitare ulteriormente la ripresa dell’epidemia e utilizzare questi mesi per una più oculata risistemazione degli spazi, e poi ripartire a pieno regime e in presenza una volta scongiurata la seconda ondata.
A partire dal 14 settembre ci sarà da ridere e forse (facciamo i debiti scongiuri) anche da piangere.
Marco Amato