Finalmente in Tv qualcuno l’ha detto: “la scienza ha come metodo il dubbio”! Già lo sapevamo da quando, sui banchi di scuola, abbiamo studiato Galileo Galilei e il metodo della nuova scienza, che procede empiricamente, si evolve di continuo e combatte qualsiasi dogmatismo.
L’ha ricordato, proprio con queste parole, la virologa Maria Rita Gismondo nella trasmissione “Fuori dal coro”. Già da alcuni giorni la dottoressa aveva fatto dichiarazioni in un certo senso fuori dal coro, contrarie a ogni allarmismo, trattandosi di un virus di tipo respiratorio che colpisce di più nelle stagioni fredde, ma che nella situazione attuale va affrontato senza panico.
“Vaccinarsi è meglio – dice la dottoressa – fare la terza dose serve, ma non bisogna pensare che i vaccini siano infallibili”. Le sue critiche sono rivolte a quei colleghi che hanno sostenuto il vaccino “come un dogma”, facendo credere che i vaccinati siano al sicuro. “Procedere con dogmi è sbagliato -spiega – solo il dubbio ci induce la volontà di confrontarci, di migliorare, di mettere in discussione i risultati per ottenerne altri migliori”.
La Gismondo è cauta anche sui vaccini ai bambini sotto i 12 anni, come del resto hanno detto anche altri esperti, perché al momento “non ci sono dati sufficienti”.
Insomma, l’atteggiamento veramente scientifico è improntato alla prudenza, non sposa una tesi in esclusiva, non irride con espressione sardonica a chiunque avanzi una tesi diversa, smonta con pazienza le opinioni non scientifiche, contrapponendo l’evidenza accertata agli atteggiamenti umorali tanto in voga sui social.
Quante volte ogni giorno, in tutti i programmi e salotti televisivi che quotidianamente ci bombardano col Covid, sentiamo le “verità assolute” di virologi ed esperti di turno, ormai verosimilmente più presenti in video che al lavoro?
Quante volte ci siamo sentiti ripetere da opinionisti e politici “Bisogna seguire la Scienza”, “La Scienza dice questo” e tutto il resto è ignoranza o demenzialità?
Intanto va precisato che La Scienza quale fonte di verità inconfutabile non esiste. Anzi la Scienza, come la conosciamo, è nata proprio combattendo l’ipse dixit e ogni tipo di verità assoluta.
Esiste piuttosto la “comunità scientifica”, come riportato correttamente nei testi legislativi e nelle sentenze della Corte costituzionale. La comunità scientifica oggi è l’insieme degli scienziati che partecipano al processo di ricerca scientifica nei vari ambiti e pubblicano i risultati su riviste scientifiche specializzate e riconosciute a livello internazionale, sviluppando così un sistema dialettico di diffusione delle conoscenze e di validazione dei risultati su cui si forma e si sviluppa il consenso scientifico, che con i mezzi odierni è sempre sottoposto a continuo e rapido progresso.
Un requisito fondamentale dell’atteggiamento scientifico è poi l’umiltà di dire “questa è la posizione attualmente prevalente nell’ambito della comunità scientifica, ma sappiamo che è suscettibile di evoluzione, progresso, cambiamento”. Invece no, non l’abbiamo mai sentito. Per spirito di protagonismo, a volte perfino di narcisismo un pochino patologico, abbiamo sentito in questi due anni una serie infinita di affermazioni presentate come “Verità scientifica”, presto smentite, ridimensionate o contraddette perfino da chi le ha pronunciate.
Non mancano in rete i video di esperti che dicono cose del tutto diverse nel giro di pochi mesi. In una fase di pandemia come questa, in cui la situazione si evolve di continuo, è ovvio che si possano evolvere anche le posizioni di ciascun esperto. Bisogna però sempre tenere a mente che il metodo scientifico non si concilia con l’ipse dixit e il dogmatismo. Inoltre il pluralismo delle opinioni, che diventano di volta in volta ipotesi da studiare e convalidare, è il secondo principio fondamentale della scienza moderna. Anche di questo, con un minimo di umiltà, dovrebbero ricordarsi i cosiddetti esperti che abbiamo visto scontrarsi e “darsele” senza ritegno nelle rissose trasmissioni televisive.
Il problema, ai nostri giorni, è quello del finanziamento alla ricerca scientifica, che richiede cospicue risorse. Se il finanziamento pubblico è scarso, subentrano i privati, che però possono avere interesse a procedere in una determinata direzione dove si prevede un ritorno in termini economici.
La situazione degli investimenti italiani nella ricerca pubblica è stata finora del tutto insufficiente, specie se confrontata con Paesi dell’Unione europea, come Francia e Germania, e altri all’avanguardia in questo campo quali Corea del Sud, Israele, Svizzera e Svezia.
A ricordarlo un mese fa pubblicamente è stato proprio il nostro premio Nobel 2021 per la Fisica, Giorgio Parisi, durante la cerimonia organizzata all’Università La Sapienza di Roma per celebrare l’assegnazione del premio.
“In Italia – ha detto Parisi – abbiamo già visto un cambiamento verso la ricerca e spero che nella prossima finanziaria questo cambiamento venga in qualche modo implementato in maniera opportuna. È importante che ci siano cambiamenti strutturali in modo che il Paese diventi un Paese accogliente per i ricercatori, non solo italiani ma da tutto il mondo, cosa che ora non è”. Intanto, per dare un’idea, nel 2019 il finanziamento pubblico dell’università italiana è stato di 7 miliardi di euro, quello francese di 29 miliardi e quello tedesco di 32 miliardi. Specialmente di questi tempi un cambiamento di visione e d’indirizzo è quanto mai necessario.
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