Sull’obbligo scolastico, il Partito Democratico la pensa come LeU e Maurizio Landini, leader della Cgil. Secondo il segretario dem Enrico Letta, in Italia c’è assoluto “bisogno di dare più educazione ai ragazzi”: per questo motivo “propongo l’estensione ai 18enni e un grosso investimento sugli istituti tecnici superiori”, gli stessi indicati dall’attuale ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi. Secondo il numero uno dei dem, quindi, bisogna mettersi al lavoro per rendere la “scuola obbligatoria fino a 18 anni“.
Le parole pronunciate da Letta, durante la trasmissione ‘Che tempo che fa’ su Rai Tre, non sorprendono. La linea del Pd, del resto, ha diversi punti in comune con quella di chi chiede un allungamento di almeno un biennio degli anni di formazione obbligatoria.
Il modello di obbligatorietà aggiuntiva, comunque, rappresenterebbe una grande opportunità in chiave di probabile riduzione del numero di alunni che lasciano i banchi prematuramente.
E quello dell’abbandono scolastico è una tendenza che va assolutamente combattuta: le statistiche dicono che ben due terzi dei giovani che non hanno completato gli studi (64%) non trovano un lavoro. Senza contare che fra le ragazze va ancora peggio: solo una su quattro è riuscita a trovare un’occupazione.
Di certo, però, il progetto non è di facile attuazione. Ad iniziare dal fatto che servirebbero finanziamenti non indifferenti, per coprire il surplus di organico necessario a supportare il progetto.
Secondo un recentissimo studio della Fondazione per la Sussidiarietà, nell’ultimo anno la percentuale di abbandoni della scuola è calata dal 14% al 13,5%. Considerando che nel 2011 sfiorava il 19% sembrerebbe un ottimo risultato. Ma non è proprio così.
Prima di tutto perché nell’Unione europea la media è del 10%.
Inoltre, quando si parla di dispersione scolastica vi sono delle forti differenze all’interno della Penisola: sempre la Fondazione ha rilevato che il minimo di abbandoni dei banchi si tocca nel Nord Est con il 9,6%, mentre il picco si registra nel Sud con il 16,7%.
E lasciano la scuola soprattutto gli studenti delle zone rurali (14,6%), rispetto a città e sobborghi (12,9%).
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