Protette dai fanghi e dalle calde acque termali, le statue in bronzo emerse dalla grande vasca sacra del santuario etrusco-romano di San Casciano dei Bagni, in provincia di Siena, si presentano integre e in buono stato di conservazione.
“Il più grande deposito di statue in bronzo di età etrusca e romana mai scoperto, senza eguali soprattutto perché, finora, di questa epoca si conoscevano prevalentemente statue in terracotta“, una scoperta che si aggiunge al ritrovamento di migliaia di monete, ha sottolineato l’archeologo Jacopo Tabolli (ricercatore in Etruscologia e Antichità Italiche presso l’Università per stranieri di Siena), che dal 2019 guida gli scavi nel sito archeologico e della cui équipe hanno fatto parte anche giovani archeologi, studenti di diverse università italiane e internazionali.
I reperti archeologici sembra siano datati tra il II secolo a.C. e il I secolo d.C., un periodo storico di transizione tra la civiltà etrusca e la “romanizzazione” di quel territorio. Sulle 24 statue, di raffinata fattura, sono riportate numerose iscrizioni votive in etrusco e in latino.
Quella di San Casciano è “la scoperta più importante dai Bronzi di Riace e certamente uno dei ritrovamenti di bronzi più significativi mai fatti nella storia del Mediterraneo antico”, ha dichiarato Massimo Osanna, direttore generale dei Musei del MiC. Ricordiamo che le statue definite “bronzi di Riace”, di provenienza greca, databili intorno al V secolo a.C., furono rinvenute nell’agosto del 1972 nel mare Ionio, nei pressi del comune calabrese di Riace Marina.
Ora gli scavi, che hanno coinvolto esperti provenienti anche da università straniere, si fermeranno per riprendere in primavera. Nel frattempo si provvederà al restauro delle statue. Per consentirne successivamente la fruizione al pubblico (possibilmente anche scolaresche in visita) le statue verranno ospitate all’interno di un palazzo cinquecentesco nello stesso borgo della provincia di Siena: un museo al quale si aggiungerà in futuro un parco archeologico.
Oltre ai reperti rinvenuti in Toscana, un’altra importante scoperta archeologica va evidenziata: più di trecento anfore di età punica sono state recentemente ritrovate a poche centinaia di metri da Cala Gadir, nel mare di Pantelleria (TP). La scoperta, ad opera dei subacquei della Sdss – The Society for Documentation of Submerged Sites, è avvenuta nell’ambito del progetto “Pantelleria 2022”, coordinato dalla Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana.
Il sito archeologico era stato individuato per la prima volta nel 2011 da due subacquei, Francesco Spaggiari e Fabio Leonardi, della Sdss, che avevano rilevato la presenza di anfore sparse lungo una fascia di 400 metri. Ora, a 130 metri di profondità, è stata rilevata l’esatta consistenza del ritrovamento, documentato con video e immagini fotografiche (anche attraverso una particolare fotogrammetria tridimensionale ad alta risoluzione che consente di studiare la consistenza totale del sito archeologico subacqueo nonché la tipologia dei reperti): oltre 300 anfore di età punica, preziose testimonianze di un’età in cui il mare e le coste delle isole siciliane erano luogo anche di importanti rotte commerciali.
Le prime analisi sui reperti sembrano confortanti: le anfore, di cinque tipologie, appaiono per almeno due terzi in buono stato.
Inoltre, sono stati individuati in località Cala Tramontana, alla profondità di circa 20 metri, alcuni oggetti riconducibili al ritrovamento del 2011, quando furono recuperate circa 4mila monete puniche.
“La tutela del patrimonio storico-archeologico della nostra Isola è il principale obiettivo della Regione – ha affermato il dirigente generale del dipartimento dei Beni culturali e dell’identità siciliana, Franco Fazio – e i tesori sommersi ne costituiscono una parte cospicua e peculiare. Le operazioni appena concluse a Pantelleria rafforzano le collaborazioni internazionali e confermano l’importanza del lavoro di ricerca, studio, tutela e valorizzazione che la Soprintendenza del Mare porta avanti ormai da circa vent’anni nei fondali siciliani”.
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