La scuola non sembra interessare al neo eletto presidente della Camera dei deputati. Certamente non dipenderà da lui il suo avvenire, visto che dovrà solo dirigere il traffico parlamentare, ma dal futuro Governo che ci auguriamo dia un buon segnale nella nomina del ministro dell’istruzione: autorevole e preparato. E che non sia frutto di compromessi e spartizioni.
Se un accenno veloce lo ha fatto il presidente Ignazio La Russa al Senato, parlando di incidenti sul lavoro che hanno coinvolto perfino studenti, Lorenzo Fontana ha preferito confermare la sua predilezione per le autonomie locali, rafforzando la sua provenienza leghista, ma tralasciando appunto ciò che l’istruzione in una nazione unitaria può significare. Infatti, ci aspettavamo, dopo l’accenno orgoglioso alla sua disagiata provenienza, che sottolineasse l’importanza della scuola, lui che ha tre lauree, per emancipare i cittadini, consentendo a tutti di accedere ai più alti gradi istituzionali, come a lui è accaduto.
E invece è andato oltre, toccando altri argomenti, mentre si attende che la scuola entri a pieno titolo nell’agenda politica, riscattandola dalla sua perenne marginalità.
Fra l’altro i segnali provenienti dal discorso del neopresidente, fanno pensare a un appoggio consistente a una sorta di fondamentalismo che perfino la Chiesa sembra avere superato, ma che fanno immaginare un nuovo ritorno di interesse verso una scuola meno laica, meno tollerante e più chiusa verso le diversità culturali e religiose.
Vedremo che succederà con la nomina del ministro dell’Istruzione e di quale espressione politica sarà il frutto, considerato che finora nella maggioranza uscita dalle elezioni non pare si vada in stretta comunione di intendi.
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