“Maestro, non capisco cosa devo fare!”. “Mi dispiace, non posso aggiungere altro a quello che ho detto prima dell’inizio della prova”, “Posso solo consigliarti di rileggere meglio la consegna”.
Per 45 lunghi minuti sono stato catapultato nella scuola dell’Invalsi. In questo ambiente il maestro è un gendarme e gli alunni delle monadi.
Ogni bambino è confinato nel proprio spazio e, in un tempo prestabilito, deve mostrare di sapersela cavare senza alcun aiuto.
Vietato chiedere e dubitare.
Davanti a sé un campo di battaglia, dove apporre croci sotto cui si spera vengano seppellite le giuste risposte.
Nella scuola dell’Invalsi non ci sono i quaderni: ci sono i fascicoli. Sono numerati da uno a quattro. In ogni fascicolo ci sono le stesse prove; cambia soltanto l’ordine delle risposte multiple.
Il fascicolo del primo bambino lo si ritroverà in quello del quinto. L’isolamento è cosmico: una garanzia per la costruzione del futuro “homo ipsum”.
Nella scuola dell’Invalsi c’è un altro fascicolo: il numero 5. Il fascicolo numero 5 è il parto di una mente geniale.
Grazie al fascicolo numero 5 le prove, nella scuola dell’Invalsi, possono essere sostenute anche dai bimbi che presentano delle difficoltà certificate. Prove rimodulate? Alleggerite? Calibrate? Individualizzate? Semplificate? Naaa. Semplicemente le stesse prove: tale e quali a quelle degli altri. E allora? Si dirà. Qual è la differenza tra il fascicolo numero 5 e gli altri? La differenza sta nella magia del numero. Distribuendo il fascicolo numero 5 all’alunno in situazione di handicap, lo si potrà poi facilmente individuare.
Una volta isolato, l’esito delle prove del bambino potrà non comparire nella griglia di valutazione e il gioco è fatto. Il bambino c’è, ma non si vede. Geniale, no!
Maurizio Campanella