Matteo Salvini ha affermato: ”La mia riforma è già pronta, sarà una buona scuola improntata al merito”.
Mia e merito sono vocaboli pregnanti.
Per il ministro degl interni la dimensione del problema formativo è sottintesa, traspare dall’aggettivo possessivo: solo le questioni semplici possono essere risolte individualmente. Le responsabilità formative e le dinamiche educative, caratteri di una società in rapida evoluzione, richiedono la sintesi di molti e variegati punti di vista.
L’argomento merito aleggia da molti anni: nella scuola è meritevole chi risponde positivamente alle domande che gli sono rivolte.
Due i soggetti in campo: il primo formula le richieste, il secondo le elabora e risponde. L’intellighenzia scolastica ha semplificato la situazione, snaturandola: il momento delle consegne è lasciato nell’indeterminatezza.
Come si può parlare di merito se i risultati attesi non sono stati precisati?
Come possono essere valutate le conseguenze in assenza delle premesse?
Si può parlare di merito solamente se è stata accertata la corretta formulazione delle richieste. Un accertamento facilitato dal Piano Triennale dell’Offerta Formativa che “è il documento fondamentale costitutivo dell’identità’ culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche”.
Progettualità è la parola chiave. La progettualità si fonda sul raffinamento delle finalità: sono da esplicitare sia le corrispondenti competenze generali, sia quelle specifiche.
All’identificazione dei traguardi segue la formulazione d’ipotesi, la gestione delle strategie, il feed-back.
I PTOF elaborati dalle scuole, visibili in rete, trascurano i comportamenti che gli studenti mostrare quando affrontano i compiti loro assegnati (competenze). Ne consegue: la questione “merito”, posta inizialmente, implica la rivisitazione dell’intero sistema scolastico.
Enrico Maranzana