Come sarà la scuola del 2022? Contratto, stipendi, concorsi, assunzioni, mobilità, vaccini, tutto ciò che ci aspetta [VIDEO]

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Un nuovo anno sta per iniziare: il direttore della Tecnica della Scuola, Alessandro Giuliani, ha fatto il punto – rispondendo alle domande di Carla Virzì – su quello attende il mondo della scuola nel 2022.

La scuola del 2022 sarà un’altra scuola in pandemia? Parleremo ancora di vaccini e di misure anti Covid?

“Siamo in piena quarta ondata e il vaccino riduce le conseguenze, ma non protegge dai contagi. Lo dicono i numeri che sono preoccupanti. Anche nella scuola, i casi di contagio sono aumentati. Le classi in DaD sono oltre 10mila”, ha detto il direttore nel corso del video-intervento.

Giuliani ha ricordato che “il Governo punta tutto sui vaccini. Sulle misure anti-Covid nelle scuole, invece, siamo fermi: il distanziamento solo raccomandato, le classi non ridotte, le areazioni mai attuate, gli spazi sempre gli stessi“.

“C’è poi la mancata applicazione dell’accordo sui casi di positività: alcune settimane fa il commissario straordinario Francesco Figliolo aveva promesso di fare intervenire l’Esercito per permettere l’attuazione dei tamponi e supportare le Asl. Questo non è mai avvenuto e si è continuati ad andare subito in Dad anche con un solo studente positivo”. Ora c’è un nuovo impegno, staremo a vedere se verrà portato avanti in tutti gli istituti.

“Per non parlare dei trasporti, che nei grandi centri fanno viaggiare gli studenti come prima del Covid”.

Pronostico: nel 2022 il Ministro Bianchi resterà al suo posto o nell’ipotesi di Draghi alla Presidenza della Repubblica possiamo immaginare un nuovo Governo con un nuovo ministro dell’Istruzione?

“Tutto dipende dalla permanenza di Mario Draghi al Governo: se dovesse spostarsi al Quirinale, le possibilità che il Governo non arrivi a fine legislatura aumenterebbero. Così si andrebbe alle elezioni”.

“Ma non sarà facile – ha sottolineato Giuliani -, perché per tantissimi deputati e senatori, considerando il dimezzamento del loro numero a seguito della nuova legge, significherebbe l’addio anticipato al Parlamento”.

Il CCNI si firmerà? Si troverà un accordo con i sindacati? Cosa possiamo sperare sul fronte degli stipendi?

“Stiamo fermi a meno di 100 euro lordi medi a dipendente. Rispetto agli altri comparti, infatti, la scuola deve fare i conti con la perequazione, cioè la copertura utile a salvaguardare gli stipendi inferiori ad una certa quota, attorno ai 26mila euro lordi annui. Quota che nella scuola vale per tantissimi docenti e soprattutto Ata”.

“Comunque, per il triennio 2019-2021 la partita è chiusa. Mentre servono risorse fresche per il nuovo triennio e dall’ultima Legge di Bilancio, appena approvata, non sono arrivate. Le prospettive, quindi, non sono rosee: per gli aumenti a tre cifre nette e l’avvicinamento agli stipendi di Germania e Nord Europa direi che siamo molto molto lontani”.

“Se i sindacati si accontentano, e secondo me lo faranno, in primavera potremmo avere il rinnovo contrattuale. Ma, ripeto, aspettiamoci cifre modeste”, ha ribadito il nostro direttore.

Ma anche “sul fronte normativo dovrebbero esserci delle novità: forse anche per la formazione del personale, come pure per la gestione del tempo quando si è fuori scuola, soprattutto per i docenti. Al momento, il diritto alla disconnessione di fatto non c’è“.

Mobilità: vincolo sì o vincolo no? Sta per chiudersi la partita della Legge di Bilancio. Riusciremo a riportare in contrattazione la materia del vincolo?

Secondo Giuliani “la partita si potrebbe spostare sul piano contrattuale. Ma serve una norma che superi la Legge 159/2019. I sindacati lo chiedono, la maggioranza sembra d’accordo ma la norma rimane”.

“Sembra anche che vi sia un approfondimento, da parte dello stesso ministero dell’Istruzione, per verificare se si possa bypassare la legge con un accordo che preveda ad esempio l’apertura all’assegnazione provvisoria o all’utilizzazione subito dopo l’anno di prova. I tempi però stringono e servono risposte prima che si arrivi a definire il contratto sulla mobilità 2022″.

Concorsi. Ad oggi è ripartito solo l’ordinario per la scuola dell’infanzia e primaria? E quello per la secondaria? E il nuovo straordinario? E il concorso abilitante? E quello per dirigente tecnico e a preside?

“Deve prima di tutto terminare il concorso ordinario per la scuola dell’infanzia e primaria per circa 22mila posti, con circa 100mila partecipanti, per il quale sono previste pure delle suppletive scritte e poi l’orale: ricordiamo che moltissimi non si sono presentati alla prima prova”.

“Poi abbiamo il concorso ordinario per 32mila posti della secondaria, per il quale c’è già un altissimo numero di domande (circa mezzo milione). Sarà un concorso più snello, meno lungo, in linea con quanto approvato lo scorso anno per i concorsi di tutta la PA”.

“Sui concorsi per dirigente tecnico e per diventare preside, c’è un confronto con i sindacati: sono state presentate delle bozze, ma siamo fermi lì e sui tempi non si hanno certezze”.

“Sui corsi di abilitazione c’è un impegno a realizzarli: alcune decine di migliaia lo hanno chiesto un anno e mezzo fa, ma molti altri (soprattutto neo-laureati) vorrebbero aggiungersi. Il ministero non sembra orientato ad accontentarli, ma sarebbe secondo me un errore. Perché c’è tanto bisogno. Come pure di specializzati su sostegno: i posti liberi, comprese le deroghe, sono almeno 60-70mila. E la maggior parte vanno a non specializzati. Considerando i pensionati e quelli che dopo 5 o più anni di sostegno tornano su disciplina, servono almeno 50mila nuovi specializzati. E anche per più anni. Non dimentichiamo che il numero di alunni disabili aumenta costantemente di circa 10mila iscrizioni l’anno. E anche quello delle famiglie che fanno ricorso per avere il sostegno”.

Immissioni in ruolo, quanti docenti possiamo sperare di avere in cattedra a settembre e da quali canali di assunzione?

Secondo Giuliani, “il problema non è quello di accordare le assunzioni a tempo indeterminato tramite il via libera del Mef, ma evitare che si ripeta quello che è accaduto negli ultimi tre anni: la scorsa estate la metà delle immissioni in ruolo è andata persa, su oltre 100mila, meno di 60mila si sono realizzate. Nel 2020 e nel 2019 addirittura ne sono state portate a termine la metà della metà: su oltre 80mila, circa 20mila”.

“Sempre la scorsa estate, 12mila assunzioni sono state fatte da Gps, soprattutto da sostegno. Nonostante queste 12mila assunzioni, contratti al 31 agosto, sono avanzate ulteriori 16mila cattedre. Bisognerà allargare le assunzioni da Gps, riducendo i vincoli, come l’avere svolto almeno tre anni di servizio per essere assunti su posto comune”, ha detto ancora il direttore.

Giuliani è quindi convinto che “se non cambiano le regole, se non si dà accesso anche direttamente da graduatoria, se non si abilita e non si specializza su sostegno, la situazione è destinata a non cambiare. Anche perché i concorsi sono lunghi e sempre con ricorsi annessi che complicano tutto”.

Classi pollaio, basterà il calo delle nascite a rendere le nostre classi più snelle?

“Quello della denatalità è un problema serio. L’anno scorso in Italia ci sono stati 400.000 nati, meno della metà degli anni del boom demografico. Per la scuola, però, è un’occasione importante”.

“Da alcuni anni, ogni inizio d’anno scolastico si perdono tra i 50mila e i 75mila iscritti. In compenso, gli organici del personale rimangono immutati e questo è un buon segnale. Solo che anche le classi continuano a mantenere gli stessi parametri. E continuano ad esistere quelle pollaio: parliamo di almeno 15mila classi con un numero di alunni che va dai 27 in poi“.

Quella della riduzione delle classi pollaio è una volontà espressa più volte dal M5s. E di recente anche dal ministro Patrizio Bianchi.

Ricordiamo che i parametri minimi per la formazione delle prime classi prevedono numeri piuttosto elevati: 18 alunni all’infanzia, 15 alla primaria, 18 alle medie e 27 alle superiori. A meno che non vi siano disabili: nel caso siano gravi non si potrebbe andare oltre le 20 unità (indicazione che però nei fatti spesso viene superata), ma anche questo è un parametro spesso non assolto.

Senza disabili si può arrivare a classi da 29 alunni nella scuola dell’infanzia, 27 alla primaria, 28 alle medie e 30 alle superiori. Numeri davvero alti, che anche in questo caso non di rado vengono oltrepassati”, ha continuato il giornalista.

“Ma non finisce qui. Perché per la formazione delle classi intermedie, soprattutto alle superiori, i dirigenti concedono difficilmente classi attorno ai 15 alunni, così capita che la classe si sopprime”.

Detto questo, nella Legge di Bilancio 2022, appena approvata alla Camera in via definitiva, è prevista la riduzione del numero di alunni per classe, in deroga ai limiti previsti dalla legge vigente: “solo che si realizzerà solo nelle scuole più svantaggiate e ad alto tasso di dispersione scolastica. Una condizione che si realizza soprattutto nei territori del Sud“, ha ricordato Giuliani.

Come si salvaguardia il diritto allo studio?

La disposizione si introduce al fine di rafforzare il diritto allo studio in classi numerose.

Toccherà al ministero dell’Istruzione pubblicare un apposito decreto, assieme con il ministero dell’Economia e delle Finanze (da adottare entro il mese di febbraio precedente all’anno scolastico di riferimento), così da individuare i criteri, nel limite delle risorse e della dotazione di personale disponibili a legislazione vigente.

Entro i prossimi tre-quattro anni, il termine dell’anno scolastico 2024/2025, il Ministero dell’istruzione effettuerà anche una valutazione dell’impatto delle presenti disposizioni sugli apprendimenti e sulla dispersione scolastica.

“Sul breve periodo – ha detto ancora Giuliani – l’obiettivo deve essere quello di ridurre il numero di alunni per classe, elevare gli apprendimenti e puntare, dal terzo anno delle superiori, alla trasmissione di competenze specializzanti: ricordiamo che c’è un alto numero di giovani che lasciano troppo presto, almeno 50mila l’anno, che diventano Neet“.

“E poi ci sono imprese che non trovano giovani da impiegare su almeno 70-80mila posti ad alta specializzazione che rimangono liberi: questa è la vera scommessa da vincere, il ministro lo sa bene e non a caso vuole rilanciare Tecnici, Professionali e decuplicare gli Its. Anche in questa caso, il 2022 sarà l’anno della verità“.