La scuola è l’Itc Tosi di Busto Arsizio, in provincia di Varese, la quale ha avuto finora solo tre presidi: «Il filo rosso tra tutti noi è la nostra motivazione a essere dei pionieri, di promuovere continuamente innovazioni e sperimentazioni», spiega a Linkiesta l’ultima dirigente, che aggiunge: «Noi crediamo che l’inglese e gli altri idiomi che insegnano debbano essere considerati per quel che sono, degli strumenti di comunicazione. Il primo obiettivo, quindi, è usarle per comunicare, non acquisire una grammatica perfetta». Ma allo stesso modo vengono insegnate anche il francese, il tedesco, lo spagnolo, il russo e il cinese.
Lingue attraverso cui vengono insegnate materie come matematica, storia, geografia: «In prima e in seconda ci sono docenti di discipline curriculari che trasmettono alcuni moduli della loro materia in una lingua straniera di cui sono competenti. Si chiama Clil ed è una metodologia didattica che prevede un metodo più interattivo tra studente e docente: meno lezione frontale, più libertà, più possibilità di fare ricerca-azione».
Inoltre, aggiunge la dirigente, niente gite scolastiche, ma scambi culturali con l’estero, perché, «lo scambio attiva una serie di meccanismi che prima ancora che linguistici sono culturali. L’esperienza in famiglia, in una scuola che non è la mia, con una didattica differente. Grazie agli scambi I nostri studenti imparano a stare nel mondo, ad abbracciare culture e costumi diversi, superano pregiudizi culturali». Dal 2010 al 2016, il Tosi ha organizzato circa tredici scambi l’anno. Nell’anno scolastico, 2015-2016, ne sono stati organizzati diciassette, coinvolgendo tutte e quindici le classi quarte e circa seicento studenti: «Agli scambi si aggiungono anche i tirocini lavorativi all’estero, gli stage e le vacanze studio che organizziamo nel periodo estivo. Sproniamo i ragazzi a conseguire le certificazioni perché è importante che nel curriculum sia attestato un livello di competenza linguistica indipendente dal voto che può dare un insegnante. Qui da noi si può conseguire l’EsaBac, un titolo di studio che viene rilasciato alla fine del percorso e che, grazie un accordo interministeriale del 2010, dà allo studente la doppia maturità, quella italiana (Esa) e quella francese (Bac)». Agli studenti tocca studiare storia in francese per cinque anni e fare una quarta prova all’esame di stato, sia scritta sia orale. Qualcosa di analogo c’è anche per il tedesco: si chiama Dsd e invece di una prova in più nell’esame finale, prevede esami intermedi.
Il risultato non cambia: doppia certificazione e possibilità di accesso alle università dei paesi in questione: «In questo momento, una decina di nostri studenti stanno frequentando atenei francesi e tedeschi e considerando che siamo partiti solo tre anni fa con questa sperimentazione, direi che va più che bene», afferma la Cattaneo. Nonostante sia un istituto professionale, il sessanta percento degli studenti del Tosi scegliere poi di proseguire i suoi studi all’università, ma «un terzo di chi sceglie di fermarsi e di cercare lavoro, lo trova entro due mesi dal diploma». In un momento di crisi come quello attuale, non sono noccioline.
Il Tosi è anche una delle poche scuole italiane in cui si studiano “public speaking”, ossia l’abilità di parlare in pubblico: « Facciamo parte del World School Forum, una rete di ventidue scuole eccellenti situate in tutto il mondo – ricorda la Preside – È lì che abbiamo conosciuto quest’attività didattica. Non abbiamo trovato formatori italiani e quindi per formare studenti e docenti, li abbiamo cercati all’estero e abbiamo fatto questo tipo di formazione in inglese. Oggi abbiamo docenti con un ottimo livello di competenza. E adesso stiamo trasmettendo queste competenze, a domino. Vogliamo costruire giovani eccellenti non solo nella conoscenza, ma anche dei cittadini che si occupano bene comune».
E per quanto riguarda il corpo docenti?
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Esattamente come in qualunque altro istituto pubblico italiano, il corpo docenti è selezionato in base alle graduatorie: «Non abbiamo possibilità di scegliere i docenti – spiega Nadia Cattaneo – Ce ne sono alcuni che sono qui da tantissimo tempo e che hanno contribuito a costruire questo clima e questo profilo internazionale della scuola. Sono capaci di coinvolgere molto anche i nuovi». Anche i docenti seguono il percorso degli studenti, e anche loro vengono mandati all’estero, per scambi, stage e tirocini: «Per loro diventa un aggiornamento nell’uso della lingua e anche a scuola teniamo vivo l’uso della lingua in corsi di formazione linguistica e metodologica anche a scuola».
Anche i genitori sono coinvolti, nella creazione dell’identità scolastica e nelle scelte sperimentali dell’istituto.
Ma al Tosi si è pure accorciato il percorso di studi da cinque a quattro anni: «Nemmeno all’interno di una scuola come la nostra è stato facile far passare l’idea che in tutto il mondo ci si diploma in quattro anni e non in cinque, con tutti i problemi che questo comporta nel confronto internazionale in termini universitari e di occupazione. Non avevamo modelli italiani cui ispirarci. Quando abbiamo presentato alle famiglie questo percorso. Io l’ho detto a studenti e famiglie: noi siamo pionieri e dobbiamo avere il coraggio dell’esploratore. Vi va di scommettere? La risposta è stata affermativa».
Certo, continua la dirigente, «quel che facciamo può anche essere trasferito altrove», ma è necessario, come minimo, lo stesso coraggio a osare e sperimentare: «È l’assenza di motivazione il principale problema della scuola italiana, non le risorse scarse. Però non è colpa solo degli insegnanti, anzi. Nell’immaginario collettivo c’è un profilo docente di bassa qualità che risulta dominante. Al contrario, ci sono tanti docenti che hanno voglia di mettersi in gioco. A bloccarci in molti casi è la burocrazia, normative che legano invece che sciogliere».
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