Home I lettori ci scrivono La scuola della conoscenza contro la scuola dei riti

La scuola della conoscenza contro la scuola dei riti

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Dopo l’epilogo della Ragusa Moleti di Palermo molti docenti si sentono dentro la spelonca di Platone
La scuola italiana interessa e attrae i lettori quando non si tratta di tematiche squisitamente scolastiche. La scuola di Palermo, grazie all’iniziativa della circolare ormai più famosa d’Italia del dirigente scolastico della Ragusa Moleti che rimuoveva alcune statue religiose dai corridoi della scuola, è rimasta sui palinsesti dell’informazione tutta la settimana.
Un comitato spontaneo di genitori nato con velocità ed efficienza nipponica ha immediatamente contestato al preside la circolare perché traumatizzava i bambini. In questi giorni non si è parlato che di questo, con una presa di posizione dura di buona parte dell’opinione pubblica palermitana ancora ammantata di religione popolare e resistente a vincere le abitudini di rito. La frase più frequente e generosa che abbiamo sentito: ‘Anch’io facevo la preghierina!’, con una anagrafe però di terza e quarta età.

Le mamme che in genere sono straordinarie, possono essere pericolose se si trasformano in corporazioni di prima mano come ai tempi della guerra del sale a Venezia. Lo hanno dimostrato in questi anni anche sui social aggregandosi in forum dedicati alle pancine gravide, alla guerra ai vaccini ed ai mariti infedeli. Davvero molte donne quando fanno gruppo sugli interessi emotivi dei bambini, ignare di teologia e diritto allo studio, di cultura giuridica e di spirito di cittadinanza, possono rappresentare una tappa di arretramento sociale, rallentare in un microcosmo come può essere la scuola Ragusa Moleti lo sviluppo di una coscienza di comunità civica e libera, emancipata e orientata all’interesse dei bambini ed alla loro crescita.

Abbiamo assistito ad un clima avvelenato con insulti reciproci nel bilateralismo della confessione integralista da una parte, del laicismo più esasperato dall’altra.

Accuse dentro una resa dei conti atavica con pesanti effetti collaterali su altre tematiche come quella dei docenti che non devono ingerirsi nell’affare domestico della preghierina dei bambini, dei presidi che devono sempre rispettare la volontà dei genitori, degli immigrati che portano la crisi dell’identità nazionale all’interno delle comunità scolastiche, delle vacanze di natale e di pasqua, privilegio della categoria, che in una società che vuole essere laica devono essere abolite. Evviva la punizione, sempre puntuale!

Lo stesso intervento della Fedeli, a precisazione della norma ma a favore del buonsenso di garantire la libertà di culto anche nell’ambiente scolastico, ha indebolito la posizione di tutti gli operatori della scuola, del dirigente scolastico innanzitutto. Un intervento, quello della ministra, pro spirito confessionale e a tratti reazionario, che ha definitivamente esplicitato la sua idea confusa del servizio pubblico e della giurisdizione che regola la scuola. La Fedeli probabilmente non sa che in molte scuole del territorio nazionale la comunità è già interculturale, che è cambiato il modo di stare insieme degli alunni, di fare scuola con programmi che dagli anni novanta si ispirano all’educazione alla reciprocità tra culture, pratiche e valori differenti.

La Fedeli e le mamme della Ragusa Moleti hanno torto ed hanno scimmiottato in questi giorni le radici della grande tradizione umanistica e giuridica del nostro sistema, facendo immaginare ai laici, nella migliore delle ipotesi, la possibile trasformazione dello spazio pubblico della scuola in un market dei propri personali totem, dove ciascuno vende la propria confessione, promuove i propri simboli, venera i propri miti.

I rappresentanti politici del cattolicesimo non devono temere poiché la religione rimane per i docenti della scuola un ambito privilegiato della conoscenza, come l’arte e la filosofia, come la storia della scienza, che non può essere però ridotto alla presenza ed alla venerazione di alcune statue all’interno dell’edificio scolastico o alla promozione istituzionale della preghiera.

L’insegnamento della religione cattolica nella scuola italiana affidato a docenti competenti è un canale più che sufficiente per la trasmissione dell’identità culturale-religiosa del paese, l’unica garanzia per un percorso didattico ancora possibile in un momento in cui probabilmente le tematiche squisitamente confessionali non sembrano più cogliere l’interesse dei giovani. Basti analizzare l’incremento del 300% che si è regstrato negli ultimi dieci anni a favore degli alunni che decidono di non avvalersi nella scuola pubblica dell’insegnamento della religione cattolica. Molti dei bambini che oggi si danno appuntamento quotidiano con alcune maestre nella preghiera consueta che accompagna la merenda, una volta adolescenti, chiederanno di non avvalersi dell’ora di religione, semplicemente perchè oggi ci si aggrega sui diritti e su un nuovo modo di intendere la libertà e l’identità. Non è un’opinione personale ma un tema  oggetto di ricerca e di interesse sociologico che anche le gerarchie più impegnate della Chiesa conoscono bene .
Ieri il dirigente scolastico della Ragusa Moleti, Nicolò La Rocca, ha incontrato un gruppo di genitori ed hanno avviato insieme il pesante contenzioso verso una soluzione all’italiana che consentirà, non reintroducendo però più le statue all’interno dell’edificio scolastico, ai bambini di recitare come atto spontaneo la preghierina quotidiana.

E’ auspicio di tutti che i fattacci della settimana non inficino il lungo lavoro che si svolge nella scuola sulla cittadinanza. Sarà difficile per i genitori spiegare ai bambini che cosa è mai potuto accadere in una lunghissima settimana di polemiche, conversazioni di fuoco sui social, presidii e crociate con rappresentanze politiche e di partito a difesa del crocefisso. Per quanto può, in questa lunga crisi del servizio pubblico e della relazione fiduciaria con le politiche scolastiche, interessare i docenti, l’epilogo dell’episodio assomiglia all’ennesima sconfitta, un piccolo e grande misconoscimento della scuola come luogo di confronto costruttivo non antinomico, dedito alla tutela della conoscenza effettiva dei bisogni e delle priorità. In questo momento a molti docenti sembrerà di aggirarsi dentro la spelonca di Platone.

di Carlo Baiamonte