Padre Eugenio Brambilla, 18 anni fa, fondava a Milano la Scuola della Seconda Opportunità con l’obiettivo di combattere la dispersione scolastica e di dare una occasione, una seconda opportunità appunto, a tutti quei ragazzi che hanno abbandonato la scuola dell’obbligo o che corrono il rischio di abbandonarla.
«L’idea mi è venuta nel 2001, -racconta padre Brambilla Vita.it- mentre ero in una parrocchia del Gratosoglio, un quartiere alla periferia sud di Milano, ricco di potenzialità, ma anche di difficoltà. Girando le case di mattina per le benedizioni natalizie, ho visto che molti ragazzi erano sul divano, invece che sui banchi . Mi sono rivolto a una dirigente scolastica e insieme abbiamo cercato una soluzione a questo problema, che è un problema di tutti».
Dalle prime esperienze a Milano, oggi “Ogni anno nella sede di Milano accogliamo circa una ventina di ragazzi dai 13 ai 16 anni e li suddividiamo in due classi. La frequenza è dal lunedì al venerdì, dalle 8.30 alle 13. Questi ragazzi restano con noi per un anno scolastico, al termine del quale sostengono l’esame di terza media nella scuola da cui provengono. Collaboriamo con otto istituti scolastici statali del territorio, che ci segnalano i ragazzi in difficoltà. Dopo un colloquio, selezioniamo i più motivati. Anche i nostri docenti arrivano da queste scuole. Lavorano a stretto contatto con gli educatori e insieme programmano le attività. Mentre i primi si alternano al cambio dell’ora, un educatore rimane sempre in classe, durante tutta la mattinata”. Frutto di un progetto che prevede cinque fasi: la prima è quella dell’“accoglienza”, in cui i ragazzi imparano a conoscersi e ad accogliersi reciprocamente; segue la “fiducia”, in cui scelgono di fidarsi della scuola e di sé stessi; poi c’è l’“orientamento”, in cui decidono la scuola superiore che frequenteranno; quindi la “responsabilità”, in cui dimostrano di impegnarsi; infine la “raccolta”, in cui si preparano ad affrontare l’esame di terza media.
«In classe non abbiamo cattedre, perché il nostro è un lavoro di gruppo: alunni, professori ed educatori lavorano insieme. Non abbiamo neppure libri di testo, che forse non verrebbero aperti. Ogni ragazzo ha un suo quadernone didattico che si costruisce lui, scrivendo e rielaborando i concetti che ascolta in classe».
La Scuola della Seconda Opportunità rappresenta un modello interessante, e per molti aspetti unico, di lotta alla dispersione scolastica. Ma soprattutto rappresenta un modello sostenibile, grazie alla sua capacità di mettere insieme il pubblico (l’Ufficio Scolastico Regionale che invia i docenti; le scuole del territorio che segnalano i ragazzi in difficoltà e continuano a seguirli durante il percorso; il Comune di Milano che da sempre sostiene l’iniziativa) e il privato (i tanti donatori che sono vicini alla Scuola).
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