Sarà il fatto che l’età pensionabile degli insegnanti sta correndo inesorabilmente verso i 70 anni, sarà il fatto che i ritmi di lavoro sono molto elevati a causa di un efficientismo preteso ad ogni costo, sarà per la mancanza di stimoli professionali, causata da una inadeguata retribuzione stipendiale e un continuo attacco dei diritti contrattuali, ma sta di fatto che la vita professionale dei docenti è in forte sofferenza. L’autonomia scolastica ha prodotto, nel suo quarto di secolo di attuazione, una crisi di relazioni tra gli insegnanti e un carico di responsabilità per tutti i componenti che lavorano nelle nostre scuole.
Il DPR 8 marzo 1999, n. 275 è il testo riguardante il regolamento recante norme in materia di autonomia scolastica, ai sensi dell’art. 21 della Legge n.59 del 15 marzo del 1997. La suddetta legge è nota con il nome del suo estensore, ovvero Legge Bassanini. Quindi alla fine degli anni ’90 si sono gettate le basi per attuare l’autonomia didattica e organizzativa in tutte le scuole italiane di ogni ordine e grado. A sostegno di tale rivoluzione, arriva nel 2001, il decreto legislativo n.165, dove all’art.25 è scritto: ” Nell’ambito dell’amministrazione scolastica periferica è istituita la qualifica dirigenziale per i capi di istituto preposti alle istituzioni scolastiche ed educative alle quali è stata attribuita personalita’ giuridica ed autonomia a norma dell’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni ed integrazioni. I dirigenti scolastici sono inquadrati in ruoli di dimensione regionale e rispondono, agli effetti dell’articolo 21, in ordine ai risultati, che sono valutati tenuto conto della specificità delle funzioni e sulla base delle verifiche effettuate da un nucleo di valutazione istituito presso l’amministrazione scolastica regionale, presieduto da un dirigente e composto da esperti anche non appartenenti all’amministrazione stessa”.
Nel comma 5, del decreto legislativo 165/2001, viene disposto che sarà la nuova figura dirigenziale, e non più il Collegio docenti con voto democratico, a individuare i suoi collaboratori e a delegare loro compiti specifici.
Nel 2009, con il decreto legge 150, noto come decreto Brunetta e nel 2015, con la legge 107, nota come “La Buona Scuola”, l’autonomia scolastica si rafforza e la distanza tra dirigenti scolastici, staff di direzione, da una parte e docenti dall’altra, si accentua maggiormente.
Un sentimento moto diffuso tra i docenti, o meglio dire tra la maggioranza degli insegnanti, è che l’autonomia scolastica, vigente in Italia da quasi un quarto di secolo, non piaccia e sia vista addirittura come causa dell’aziendalizzazione della scuola e dell’arretramento culturale del Paese. La divaricazione tra i poteri crescenti del dirigente scolastico e l’annientamento dei poteri democratici degli organi collegiali, viene imputata al passaggio dal sistema centralizzato a quello autonomo. C’è anche chi pensa, ma si tratta di una minoranza dei docenti, che sarebbe opportuno legiferare ancora sull’autonomia scolastica, introducendo il Midlle Management. In buona sostanza c’è chi vorrebbe, attraverso l’istituzione del midlle management, rendere legale lo staff di direzione dando poteri di natura gerarchica ad alcuni docenti. Questa istituzione vista come carriera gerarchica dei docenti andrebbe a dividere in settori la docenza italiana, creando all’interno della categoria docenti una diversa importanza giuridica ed economica del docente.
Il fatto che all’interno delle scuole ci sia una profonda crisi nelle relazioni tra docenti e ci sia anche un forte aumento del contenzioso e delle sanzioni disciplinari, è un dato oggettivo. La scuola dell’autonomia e ancora di più quella del midlle management è destinata al fallimento delle relazioni e all’aumento delle tensioni interme tra docenti e dirigente scolatico e anche tra insegnanti e insegnanti.
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