Voglio esprimere la preoccupazione che, in qualità di docente, nutro verso la strana idea di “scuola delle competenze” verso cui da vent’anni si sta spostando il sistema scolastico italiano.
Che la scuola debba promuovere lo sviluppo di competenze, così da permettere ad ogni singolo alunno di affrontare situazioni problematiche nuove e complesse, è fuori di dubbio, infatti non contesto questa finalità, ma che ciò si possa fare demonizzando le conoscenze e le abilità è tutto da dimostrare. Eppure è questa la direzione che ha deciso di intraprendere il sistema scolastico italiano con assoluta continuità dei vari Governi che si sono susseguiti negli ultimi decenni.
Invece, per sua stessa definizione, la competenza non è altro che la capacità di mettere in gioco ciò che si sa (conoscenze) e ciò che si sa fare (abilità) di fronte a situazioni problematiche nuove, pertanto, non si possono sviluppare vere competenze senza conoscenze strutturate e reali abilità.
Tutto il sistema italiano si è spostato per scelte governative su un modello di scuola che certifica competenze sempre più slegate dalle conoscenze e dalle abilità e quindi false competenze. Un sistema scolastico che ostracizza lo studio tradizionale, la fatica, i compiti per casa e porta avanti nuove parole d’ordine: una scuola divertente, che non preveda mai momenti di stress, priva di fatica e impegno. Purtroppo, più si va avanti in questa sbagliata interpretazione della “scuola delle competenze” e più precipita il sistema di istruzione italiano nelle rilevazioni OCSE-PISA in tutte le competenze principali.
Infatti, la scuola delle competenze “all’italiana” ha peggiorato l’efficacia del sistema scolastico e non migliorato. Questo recente modello di scuola leggera, divertente, piena di attività e progetti che “magicamente” dovrebbero far sviluppare competenze senza troppo studio e fatica non funziona. A dirlo non sono io, ma sono le rilevazioni sui sistemi scolastici delle indagini OCSE-PISA. Queste rilevazioni sono il termometro fondamentale della misurazione dell’efficacia di un sistema scolastico nelle competenze in madre lingua, in lingua inglese e in matematica.
Nel 2018 nella competenza “lettura” il dato italiano ha ottenuto un punteggio di 476 contro una media dei Paesi OCSE di 487. Questo dato negativo era nello stesso range di quello di tre anni prima (2015), ma con uno scivolamento verso il basso. Inoltre, l’aspetto più drammatico è il precipitare di questa competenza degli studenti italiani negli anni: il dato del 2018 è di 10 punti inferiore rispetto a quello del 2009 e di 11 rispetto al 2000. Per farla breve, più il sistema scuola italiano si è spostato verso questo assai discutibile modello di “scuola delle competenze” e più è precipitato nelle rilevazioni OCSE-PISA.
Alcuni Ministri dell’istruzione, compreso l’attuale, hanno provato più o meno implicitamente a dare le responsabilità di questa débâcle sistemica ai docenti, secondo loro poco formati, ancorati alle conoscenze e non in grado di lavorare su un sistema che guardi alle competenze, ma a certe considerazioni mi viene da sorridere, perché mi ricordano i discorsi che faceva il generale Cadorna dopo la disfatta di Caporetto, riversando le colpe e le responsabilità su chi al fronte rischiava la vita e ignorando la palese erroneità delle proprie scelte strategiche.
Il paragone con Cadorna me lo ha fornito lo stesso ministro Bianchi, che in questi giorni ha dichiarato in pieno stile militare che si dovranno “riaddestrare 650mila insegnanti per andare incontro ad insegnamento adeguato al futuro digitale”.
Per fortuna, continuando il paragone con la Prima Guerra Mondiale, Diaz comprese bene che si stavano commettendo errori strategici e sistemici e cambiò rotta, permettendo all’Italia di giungere alla vittoria, ma purtroppo devo dire che in ambito scolastico non vedo nessun Armando Diaz all’orizzonte.
Dario Ferrigno
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