I lettori ci scrivono

La scuola dell’indifferenza

Accolgo l’ennesima provocazione ministeriale riguardo gli stipendi differenziati nella prossima scuola dell’autonomia – questa volta differenziata – per cercare di fare in modo che il continuo e strategico pour parler non lasci indietro l’essenziale:

  1. Ad oggi, la scuola in Italia, nonostante la sua rinnovata veste dirigenziale, la personalità giuridica, la tanto famigerata “apertura al territorio”, continua essenzialmente a vivere delle misere prebende dello Stato.
  2. Nessun ente pubblico più della scuola è sconnesso con il presente e vive in modo, oramai surreale, il ritardo con il proprio tempo.
  3. Tale ritardo sembrerebbe, però, dall’inerzia dei suoi attori (dirigenti, docenti, famiglie e discenti) non procurare tanto dispiacere.

Alla luce di queste tre considerazioni vorrei quindi chiedermi e chiedervi: perché è così e non altrimenti?

Forse perché l’intento è quello di privatizzare il diritto all’istruzione, lasciando che l’offerta pubblica divenga così scadente ed inetta da estinguersi gradualmente da sola, così come di fatto già sta accadendo anche per la sanità e la giustizia.

Forse perché tacitamente si è stabilito che continueranno ad esistere una sanità pubblica, una scuola pubblica ed il ricorso ad una giustizia di Stato, ma come mera forma di straniati gusci vuoti.

Altrimenti non si spiegherebbe il motivo per cui questi tre fattori così vitali per il buon funzionamento di una democrazia siano continuamente disattesi fra le chiacchiere.

Ad oggi, siamo costretti a constatare come essi siano divenuti farraginosi ed inadeguati carrozzoni dell’intrattenimento e della sorveglianza passiva.

Chi può non affida i propri figli alla scuola pubblica; chi può non si cura negli ospedali pubblici; chi può sa farsi giustizia in modo diverso, ma pur sempre consentito dalle leggi.

Ecco la ragione, perché anche e soprattutto nella scuola si continuano a selezionare dirigenti e docenti con le crocette, a pagarli così poco perché – al di là del pur nobile sforzo caritatevole –  essi devono essere ridotti alla media matematica dell’impiegato di concetto svogliato, poco zelante del cartellino.

In tale contesto allora l’unico merito sembrerebbe purtroppo quello di saper guardare e sognare altrove.

Carlo Schiattarella

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