I lettori ci scrivono

La scuola di oggi, in attesa di un ritorno alla normalità

In un tempo surreale, dove la confusione si accompagna alla paura, l’attesa alla speranza, il tempo all’attimo dopo attimo, e i punti di riferimento non vengono avvertiti come linee guida di coraggio e investimento al futuro, ma macigni imperativi che soggiogano ogni possibile tentativo, rilegando il tutto e tutti nello spazio dittatoriale dell’obbedienza che si accompagna, come in ogni forma di totalitarismo, al silenzio del sovversivo, anche la Scuola risente di tutto questo, e malgrado la testimonianza del suo essere sempre e comunque in prima linea, non tradendo affatto il suo mandato sociale, investendo direttamente le proprie energie e strutture, avverte di non essere presa in considerazione con la serietà e il riconoscimento che le si dovrebbe, nel suo ruolo di CARITAS sociale specializzata al mondo dell’infanzia e dell’adolescenza.

Dall’Autorità Istituzionale, allo studente, passando dalle famiglie, la nuova modalità che sostituisce la normalità dell’esperire conoscenza e competenza, non trova sua ragione d’ essere intesa in tutto e per tutto comunque e sempre luogo didattico-formativo.

La DAD o DDI, che si voglia, ben lungi dalla esperienza dello scorso anno che testimonia l’urgenza di affrontare un nuovo che avanzava e di cui nessuno aveva contezza e tutti si era impreparati, soprattutto per l’imprevisto la cui forza ha richiesto l’innalzarsi di trincee che difendessero il tutto o il poco che si poteva salvaguardare, è ancora pensata come un sostitutivo che nulla o quasi ha del dettato didattico che la classe in presenza rappresenta. E pertanto alla noia dei 45 minuti in remoto si accompagna il distacco dallo studio avvertito come non necessario, perché forse memori della sicurezza di una promozione dichiarata in fase di urgenza, ma non garantita in questo nuovo passaggio scolastico.

Si vive un impegno maggiore, e tanto, di tutti gli operatori che della Scuola sono i fondamenti, in un tempo che spesso se non sempre li rende dimentichi di una loro personale dimensione sociale e privata, che non inizia e non termina con e dentro la Scuola. E lo si vive con quella consapevolezza che deriva da una coscienza soggettiva e collettiva che testimonia la sensibilità all’attenzione del proprio ruolo e dell’utenza, i cui equilibri sono come fili cui basta lo spezzarsi di uno di essi per produrre una signatura di e del Domani.

Viviamo sempre e ancora nell’incertezza del quando al ritorno ad una normalità, attenti allo eco rumoroso dovuto alla chiassosità di voci dalle tante parole, buone intenzioni, ma tutto molto lontano dalla conoscenza del cosa sia realmente la Scuola: quali le esigenze, le necessità, la precarietà su cui si fonda l’intera o quasi didattica scolastica, il venir meno dell’entusiasmo che ha accompagnato i primi anni di docenza, la svogliatezza con la quale si appronta il quotidiano da parte di una utenza che trova sua ragione nell’avvertire la distanza plastica, l’interazione collettiva, che talvolta va a rafforzare quell’abbandono, che non è soltanto assenza dal luogo Scuola, ma abbandono psicologico da cui nascono successivamente forme di problematici comportamenti.

Passeremo ancora altri e altri giorni davanti ad uno schermo, tra attività sincrone e asincrone, queste ultime poi che in vero non recuperano semplicemente e soltanto i 15 minuti mancanti ai 60 dell’ora di lezione in presenza, ma si costituiscono di un tempo maggiore che talvolta raggiunge l’appuntamento serale della cena, con la dovuta assenza, per addormentarsi sui tasti unti dalle dita che li hanno tastati per un intero giornata. Unitamente ai libri, alla costruzione di moduli, tra Word Excel e Power Point, in Pdf o quanto altro.

Questa è la Scuola. La Sua coscienza d’essere, il Suo non tradire il Suo ruolo fondativo. Un mondo che custodisce e trasmette ogni giorno, da sempre, la sua storia che insegna ad imparare a vivere respirando tutti i respiri che la storia ci consegna, tutti, sempre, un giorno alla volta, respirando fino in fondo. Anche se spesso ce ne dimentichiamo.

Anche quando la paura ci ruba il fiato. E che nulla nasce senza tempo e senza storia, e che tutto è sempre una nuova Genesi, possibile per chi crede che a risorgere si impara poco alla volta, affidandosi e fidandosi di se stessi, dell’altro, degli altri, del coraggio di ognuno e del coraggio di tutti. Per chi crede che siamo figli di una vita che si annuncia e che nasce, e si depone e che, quando “muore”, già risorge. Questa è la storia dell’Uomo. Questa è la storia della nostra bella e bistrattata Scuola. E per questo Essa è e resta un cammino possibile per tutti.

E’ il mio augurio alla Scuola. Ad ogni persona, a tutta la società umana. A tutti gli uomini e donne di buona volontà.
Sereno Natale.
Mario Santoro

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