I lettori ci scrivono

La scuola è davvero aperta a tutti?

In questi mesi ogni insegnante, nel suo piccolo, ha cercato di fare il possibile per i propri alunni, anche a distanza. Ma quest’esperienza, positiva per alcuni ma negativa per i più, non può che portare a diverse riflessioni.

Non voglio qui soffermarmi su tecnicismi e falle varie del sistema scolastico che sono prepotentemente emerse in questo periodo.  Ciò che mi sta a cuore è invece porre l’attenzione sui protagonisti della scuola: i bambini.

Per quanto noi insegnanti potessimo sforzarci di adoperare mille modi fantasiosi per non interrompere il delicato processo di apprendimento, i nostri alunni hanno sofferto la solitudine dietro ad uno schermo. Oltre alla difficoltà del comprendere l’eguale importanza della didattica a distanza rispetto a quella in presenza, la mancanza del contatto umano con i loro amici e della presenza fisica di una figura adulta altra dai genitori che potesse confortarli, comprenderli e guidarli è stato per loro motivo di gran confusione. Il non poter scherzare o chiacchierare e giocare con i loro compagni di classe, il non poter condividere emozioni ed esperienze, come invece è prassi nella scuola in presenza, è stato sicuramente un fattore traumatizzante per molti bambini, in particolare per i più piccoli.

Ma tra loro c’è stato chi ha sofferto di più e in diverso modo: chi, impossibilitato economicamente a comprare i mezzi necessari, è rimasto escluso dalla didattica fino a quando non si è trovato il modo di compensare a tali mancanze distribuendo, dove possibile, i materiali necessari. Ed escluso è rimasto chi arrivato in Italia da poco, non avendo la possibilità di poter interagire con altri bambini e non potendo usufruire di una didattica personalizzata, ha perso in parte o tutte le proprietà linguistiche acquisite precedentemente. E ancora più in disagio si sono ritrovati i bambini con varie problematiche fisiche, motorie, psicologiche ecc. che non hanno potuto usufruire del sostegno di cui necessitano.

Sembra quindi che il diritto all’istruzione rimanga, ancora una volta, strettamente collegata a un concetto classista, che non tiene conto di particolari esigenze e problematiche, che non elimina l’esclusione e fa poco per attenuarla.

Lo stato di emergenza inaspettato in cui ci siamo trovati, che ha generato confusioni e incertezze, potrebbe essere una lieve attenuante ma non di certo una giustificazione per le varie situazione di emarginazione sociale che si sono venute a creare.

Da docente spero che la scuola possa riavvalersi al più presto del suo vero significato. Spero si possa tornare in classe, con le giuste precauzioni, garantendo a tutti i bambini i loro principali diritti.

Nicole Mendicino

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