Su La Stampa c’è spazio per l’articolo di fondo dello scrittore Alessandro D’Avenia. Secondo il professore siciliano, la scuola ha bisogno di una svolta e gli ambiti sui quali si gioca sono due: uno antropologico, l’altro sistemico. La scuola, secondo D’Avenia, “è diventata un ambiente autoreferenziale in cui la burocrazia si è progressivamente impadronita degli spazi e del tempo da dedicare all’unico centro di gravità scolastico, cioè la relazione educativa. Senza relazioni educative di qualità la scuola perde la sua essenza e si trasforma in un ambiente fatto di muri e voti”.
DOCENTI – “Gli insegnani hanno uno stipendio insufficiente, bloccato da anni, i ragazzi non sono seguiti secondo percorsi personali dettati da un collegamento tra le tappe, il ragazzo non ha una storia e produce solo risultati. Lo dimostra l’indotto di ripetizioni private che portano a guadagnare, in nero, in un mese il doppio del proprio stipendio. Le lezioni private mostrano che la didattica a scuola non funziona perché dipende dalla qualità della relazione educativa”.
APPIATTIMENTO – “C’è un livellamento della scuola a industria di risultati, in cui conta più la prestazione che la presenza, come mostrano da un lato l’esistenza di diplomifici, dall’altro un quasi del tutto assente progetto di orientamento scolastico e professionale. Alle medie è lasciato tutto all’improvvisazione, per non parlare dell’orientamento alle superiori. La nostra scuola è priva di un sistema di orientamento serio e l’alternanza scuola/lavoro è seria solo in alcuni casi”.
NON BASTANO I SOLDI – “I soldi si disperdono in un sistema iperburocratizzato o inefficiente. Tutto è affidato a dirigenti e docenti che, dotati di professionalità completa, curano i tre ambiti della relazione educativa (amare e conoscere ciò che insegno, come lo insegno, a chi lo insegno). Potrebbero costituire la normalità, ma nella scuola di oggi sono un’eccezione”.