Uno degli aspetti più complessi della scuola di oggi e del passato è, senz’alcun dubbio, la VALUTAZIONE degli alunni.
I momenti tipici della valutazione sono l’INTERROGAZIONE e il COMPITO in classe come verifica degli apprendimenti. La valutazione delle verifiche segue il criterio dell’obiettività e si avvale di griglie come mezzi tecnici a supporto dell’obiettività.
Tuttavia l’alunno è una PERSONA con un vissuto scolastico ed umano che lo rende unico rispetto a tutti gli altri.
La velocità e la profondità dell’apprendimento di ogni alunno è certamente condizionata da fattori legati alla sua esperienza umana e scolastica e all’ interazione con i soggetti della comunità scolastica :insegnanti e compagni di classe.
Ecco allora che non può esistere un obiettività assoluta nella valutazione, ma subentra inevitabilmente la componente soggettiva del docente, che deve rapportare l’apprendimento di ogni singolo alunno al livello di partenza, tenendo conto dell’impegno profuso.
Tanto premesso, sembrerebbe più vera una scuola che non fosse presa dall’ansia della VALUTAZIONE, ma piuttosto dal desiderio di informare e formare i giovani.
Un corso di studi è un cammino che ogni alunno percorre con le sue capacità e con i suoi limiti. Non camminiamo tutti alla stessa maniera e né è importante come si cammina e con quali tempi si percorrono le diverse tappe. L’unica cosa che conta è imparare a camminare e non rinunciare a fare tutti i passi che ci vogliono. In questa prospettiva la valutazione diventa secondaria e l’insegnante non è colui che deve, con cronometro alla mano, misurare la velocità del tuo andare; egli dovrebbe essere, invece, colui che ti accompagna, preoccupandosi soltanto che cammini. La scuola è la palestra della mente e l’esercizio conta più del risultato. L”insegnante è il maestro allenatore della mente dei giovani e non un giudice burocrate con la penna rossa.