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La scuola ha bisogno di insegnanti empatici in grado di gestire relazioni, non basta rincorrere le Indicazioni nazionali

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Riceviamo e pubblichiamo delle interessanti riflessioni, elaborate dalla docente del primo ciclo Roberta Stamegna, sulle ultime indicazioni della ricerca educativa in tema di organizzazione della didattica, di modalità di insegnamento e di competenze dei docenti.

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Essere insegnanti oggi richiede professionalità avanzata, questo non significa limitarsi alla sola conoscenza della pedagogia e psicologia, sperando che ci sia, ma soprattutto applicare ciò che la ricerca educativa suggerisce.     

Non ha senso organizzare minuziosamente le ricorrenze mondiali o nazionali se poi la scuola si limita solo ad istruire e non a porsi in situazione di ascolto. Intuire le sfumature interiori dei bambini, le loro modalità di approccio, “leggere” il loro animo è una priorità che l’insegnante di oggi deve essere in grado di cogliere.

I bambini sono sottoposti a ritmi incalzanti ed esposti a continue distrazioni; non sempre riescono ad avere un rapporto dialogico completo con i genitori, sommersi, purtroppo, dagli impegni lavorativi.

Le loro giornate, super scandite, tendono ad atrofizzare le relazioni: i bambini hanno tempistiche talmente strette per cui preferiscono vivere il momento programmato reprimendo inconsciamente gli stati emotivi che scaturiscono dalle molteplici esperienze di vita, familiari e non.

Abbiamo necessariamente bisogno di insegnanti in grado di colmare quelle fragilità che spesso restano imprigionate nell’Io di un bambino generando insicurezze, ansie e timori con ricadute sul processo di crescita, sull’autostima e sul rendimento scolastico.

Chi sceglie di intraprendere questa professione deve “educere” attraverso un rapporto empatico. 

L’empatia si possiede, ma qualora non ci fosse bisognerebbe capire come meglio procedere per porre rimedio a ciò. Troppo spesso gli insegnanti si limitano a rincorrere le Indicazioni nazionali trascurando il loro ruolo educativo che invece è fondamentale, se non indispensabile per creare una connessione con gli studenti, basata sulla fiducia e sulla collaborazione.

Personalmente ho avuto la fortuna di lavorare per diversi anni in una scuola Senza Zaino (“G. Paolo II” – I.C. Milani di Terracina, in provincia di Latina), dove si realizza un modello educativo che accoglie ogni soggetto nella sua integrità e nel rispetto della sua individualità e si prefigge, in primis, il benessere interiore degli allievi. Un modello di scuola molto attento ai processi emotivi dei bambini e che li accompagna, in modo esemplare, alla loro maturazione educandoli al senso civico e alla gestione dei conflitti.

I bambini che hanno la fortuna di vivere questa esperienza sono più intraprendenti nella vita; è un dato di fatto che ho constatato mettendo a confronto realtà in cui ho operato; sono più ingegnosi, creativi, aperti al confronto e alla condivisione e soprattutto non vivono il piattume, le ansie e lo stress tipici della scuola trasmissiva, individualista e competitiva.

Ai docenti che lavorano in contesti diversi e che comunque credono nella loro professione, consiglio di non demordere.

Oggi abbiamo la fortuna di poter apprendere dal web strategie per consentire ai nostri alunni di aprirsi in modo liberatorio e spontaneamente.  Alleggerire i loro stati emotivi facilita il ruolo del docente e predispone il bambino stesso a gestire le proprie emozioni ed a vivere con maggiore spensieratezza la fanciullezza, imparando a fronteggiare serenamente le sfide che la vita impone.

Con facilità si accreditano colpe agli strumenti digitali come se fossero la causa di questa società afasica.  Ritengo altresì rappresentino un’ottima risorsa perché consentono di diversificare le strategie facilitando la motivazione e il coinvolgimento.

E’ davvero impensabile, in una società in continua evoluzione, riproporre di generazione in generazione sempre gli stessi approcci educativi e didattici, come anche “snobbare” o rimandare solo a determinate fasce d’età la cooperazione tra studenti.

E’ proprio attraverso la cooperazione che i bambini, mediante il confronto, imparano a conoscersi, a comprendersi, a supportarsi, a mettersi nei panni dell’altro, a gestire gli stati emotivi e le relazioni interpersonali. Ovviamente sta nella figura del docente “seminare”, adeguando gli approcci e selezionando le fasi utili in rapporto all’età degli alunni che ha di fronte.

Consiglio, a tal proposito, il corso di Arianna Pisapia su Scuola Futura, “Social Emotional Learning”, apprendimento basato sulle emozioni che mira a promuovere relazioni sane e positive all’interno delle proprie classi. Rappresenta una metodologia in grado di stimolare empatia e connessioni costruttive, incentivando il lavoro di gruppo, la comunicazione tra studenti, il problem solving porta alla risoluzione dei conflitti e lo sviluppo della creatività, anche grazie al ricorso a strumenti digitali. Suggerisce in che modo introdurre in classe una didattica basata sull’apprendimento socio-emotivo, quali attività proporre e con quali strumenti digitali, riflettendo su come questa metodologia possa portare ad un effettivo miglioramento dell’apprendimento degli studenti.

Provare per credere!

Roberta Stamegna