È un vero e proprio tormentone l’estate 2016 sul fronte della scuola, in cui regna la confusione più nera, confusione che discende direttamente dalla famigerata interpretazione legislativa della legge sulla “Buona Scuola”, la n. 107/2015 di stampo renziano.
Molti nodi di quella legge sono col tempo venuti al pettine ed hanno evidenziato che il giocattolo, tessuto e ricamato, si sta progressivamente rompendo non trovando il favore di una gran fetta di docenti.
Albi territoriali, mobilità, bonus premiale, chiamata diretta, si tratta di un bel minestrone scolastico inserito tra gli articoli e i commi della legge della Buona Scuola, che non segue alcun criterio logico. L’obiettivo è stato fin dall’inizio molto chiaro, ossia quello di fare in fretta una legge di riordino del sistema scolastico per dare una risposta agli obiettivi e standard formativi richiesti dall’Unione Europea. Si tratta di una riforma di facciata, ossia aggiustare il giocattolo per poi riaggiustarlo e romperlo nuovamente.
La certezza, ormai da tempo diventata un vero e proprio vezzo e malcostume tipicamente italiano è quello che il cambio di governo e di ministro deve essere coronato lasciando ai posteri il nome.
Pur che vedere alla sostanza e, quindi, alla bontà della legge, le si cambia il vestito mettendole alla scuola quello nuovo, ma lasciando sostanzialmente che le cose rimangano tali. Si producono riforme deleterie che non vanno nella direzione di un miglioramento del sistema scolastico italiano ma unicamente nella direzione di far vedere agli altri che anche noi siamo stati in grado di riformare il sistema. Come? In che modo?
Con quali ricadute sulla realtà degli alunni, dei docenti, delle famiglie? Chissà. Comunque le riforme vanno fatte dal basso perché soltanto la base conosce a fondo i gravi e atavici problemi della scuola. Non abbiamo bisogno di nomi altisonanti, di super esperti dell’economia e della finanza mondiale per fare un progetto di riforma: loro vedono le cose da un’altra dimensione, quella virtuale oppure basata sui numeri e sulle carte che non corrisponde affatto alla vera realtà, quella che giornalmente vedono tutti gli operatori della scuola.
Si intuisce chiaramente che la Buona Scuola è la legge delle lobby, dei poter forti, delle pressioni che si basano su indicatori che tradotti nella realtà sono distanti anni luce. Non dobbiamo meravigliarci se gli standard delle prove di italiano e matematica degli alunni delle scuole medie e superiori sono bassi. Bisogna incidere sulle abilità di base sia di lingua che di numeri e calcoli potenziando le ore di italiano, matematica e lingue che rispondono alle quattro abilità di base. Si ha la contezza che questa riforma targata Giannini ci sta inesorabilmente portando verso un analfabetismo di ritorno, patologia grave del XXI secolo. E poi dove sono i sindacati che un tempo erano i difensori dei lavoratori e che ora, quando si siedono al tavolo delle trattative non vengono neanche ascoltati e il ministero detta legge andando avanti per la sua strada.
La vicenda della chiamata diretta rappresenta la punta pericolosa di un iceberg che sta ormai per esplodere perché il sistema scolastico fa acqua da tutte le parti. Occorre quindi senza remore svegliarsi e rimboccarsi le maniche cercando di salvare il salvabile, perché altrimenti la formazione e l’istruzione dei nostri figli sarà sempre più scadente e lontano dalle nazioni più progredite.
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