Patrizio Bianchi potrà essere un ottimo ministro dell’Istruzione e dalle sue prime dichiarazioni ha individuato le priorità da cui partire: mettere in sicurezza le scuole dal Covid-19 e dai cataclismi.
Ma,pur essendosi occupato da sempre di scuola, essendo stato assessore all’Istruzione della Regione Emilia Romagna ed avendo fatto parte della task force di esperti chiamati da Azzolina per la riapertura delle scuole a settembre (ahia, chi ha suggerito le sedie a rotelle?), è professore di economia.
Non dico che chi ha competenze economiche non possa fare il ministro dell’Istruzione, ma la visione economicista della scuola porta di solito a tagli delle risorse, speriamo che non sia questo il caso, perché adesso si tratta di investire e di investire bene.
Draghi è un banchiere e anche lui è, dal punto di vista strettamente tecnico, un economista e non conosce la scuola, perché se ritiene che si debba recuperare le lezioni perdute non sa che:
1. Quando non in presenza, le lezioni si sono svolte in didattica a distanza;
2. Se anche parliamo di recupero, tenga presente che a giugno si svolgono gli esami di licenza media e fino a metà luglio gli esami di maturità.
Quindi gli unici che potrebbero fare recupero sono gli insegnanti della scuola primaria, ma andrebbero pagati perché non è possibile che si chieda di lavorare di più senza che si sia retribuiti (di solito questo avviene nella scuola e solo nella scuola).
Sul giornale “La Repubblica” del 14/02/2021, altri economisti hanno messo bocca sulla scuola, Tito Boeri e Roberto Perrotti, e chiedono di premiare il merito, valutando gli insegnanti.
Ma il problema di insegnanti preparati e capaci bisogna porselo nel momento del reclutamento. Certo se si vuole sistemare i precari solo perché hanno fatto supplenze tanti anni, si va in senso contrario. Certamente tra i precari ci sono insegnanti capaci e meritevoli, ma devono dimostrarlo passando per i concorsi, come vuole la Costituzione.
Valutare la scuola tramite i test INVALSI, come ritengono i 2 economisti, ha un senso se si individuano le scuole e i territori dove investire più risorse. Guarda caso sono le aree di maggior disagio sociale. Va riconosciuto l’impegno degli insegnanti in queste scuole di frontiera, pagandoli di più, assicurando così la loro permanenza. Attualmente si danno soldi a pioggia a tutte le scuole per il rischio di dispersione scolastica, anche a quelle che non hanno di questi problemi.
Facciamo scegliere ai dirigenti scolastici gli insegnanti in queste scuole a rischio perché devono avere capacità empatiche, oltre che la preparazione professionale, per rapportarsi ai ragazzi difficili.
E diamo anche ai presidi che restano in queste scuole maggiore retribuzione, per assicurare la continuità dirigenziale che è importante per svolgere un lavoro a lungo termine di riscatto sociale ed educativo.
Eugenio Tipaldi
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