Riceviamo e pubblichiamo dalla dirigente scolastica Annalisa Laudando, di un istituto comprensivo di Roma, la seguente riflessione.
Che al giorno d’oggi il mestiere dell’insegnante sia bistrattato e sottopagato è ormai sotto gli occhi di tutti, ma il nocciolo della questione non è solo questo direi, in quanto la scuola nell’ultimo decennio è stata investita da una vera e propria sovraesposizione mediatica, e, a seguito dell’imperversare della Pandemia negli ultimi due anni, lo è stata ancor di più.
Quindi la società, come del resto la scuola e i professionisti che vi lavorano quotidianamente, è stata costretta in un breve lasso di tempo a fare i conti con una serie di “repentini mutamenti ideologici e valoriali” e di conseguenza a “reinventarsi” per restare al passo.
La scuola è un’interessante cartina di tornasole di tutte le distonie del sistema socioculturale contemporaneo, proprio perché frequentata da migliaia di ragazzi e bambini immersi sempre più nella “liquidità sociale”, che contempla in aggiunta una certa deriva valoriale e il quotidiano bombardamento di messaggi audio/video, diretti e subliminali, che li portano sempre più spesso a scollegarsi dalla realtà, per vivere più comodamente nel confort zone del virtuale tra le quattro mura delle proprie abitazioni.
Allora tra i banchi di scuola, più che altrove, si avverte un senso di “crisi profonda”, una crisi che trae origine da lontano, innanzitutto nei valori trasmessi dalle famiglie di appartenenza, (non dimentichiamolo che il primo nucleo educativo della società è proprio la famiglia); pertanto, la scuola si ritrova spesso a supplire a quelle “mancanze” o “manchevolezze” educative essenziali e a dover creare ex novo un canale comunicativo
capace di istaurare relazioni tra pari e con gli adulti di riferimento.
Il docente, dunque, quale figura istituzionale della società contemporanea, ha perso sempre di più nel corso degli anni buona parte del proprio “appeal”, sia tra gli studenti che tra le loro famiglie, e non tanto per le “carenze culturali” imputategli, o per “incompetenza professionale”, quanto piuttosto per la mancanza di valori e di ideali di riferimento generali a cui potersi ispirare, dato che quelli incarnati oggi dalla classe docente non corrispondono affatto a quelli inseguiti dai nostri ragazzi e adolescenti in generale. Di conseguenza, il “mestiere dell’insegnante” è visto come un lavoro da “infelici”, ovvero di chi ha fatto di questa professione solo un ripiego, in mancanza di un altro meglio remunerato, o di certo più prestigioso.
Giova, infine, ricordare che oggi, purtroppo, si rincorre sempre di più la notorietà ad ogni costo, l’importante non è essere, quanto apparire; esercitare un potere, o delle influenze, o peggio ancora ostentare una certa ricchezza e un benessere, seppure solo di superficie.
I docenti, dunque, non sono che “persone” spesso travolte, quanto i ragazzi e qualsiasi comune mortale, da una quotidianità in continuo e rapido divenire, che di sovente lascia poco spazio a riflessioni e a un’effettiva possibilità di dialogo intergenerazionale, in quanto siamo tutti fagocitati da una dispotica routine, che senza volerlo appiattisce e livella le dissomiglianze.
Va sottolineato, inoltre, che non sempre e non tutti i docenti sono in possesso delle medesime competenze e attitudini, però, generalizzare è un azzardo che rischia di mettere in ombra quella parte significativa di insegnanti che, con grande professionalità ed entusiasmo, popolano quotidianamente le nostre aule, dall’infanzia fino alle superiori, offrendo ai propri bambini e ragazzi gli strumenti fondamentali per aprirsi alla vita e alla cultura, per dischiudere le porte dell’indifferenza, per imparare il senso della convivenza sociale e civile, attraverso il confronto e la costante condivisione di pensieri, parole ed esperienze umane in grado di sollecitare in ciascuno lo sviluppo autonomo della creatività e del pensiero critico.
La scuola, come risaputo, ha un ruolo insostituibile, in quanto indispensabile agenzia educativa e presidio di legalità, di conseguenza, alla luce di tutto questo, proviamo a ridestare le coscienze di alunni e docenti, ma soprattutto instilliamo nei discenti la curiosità, disintossichiamoci dalla costante sovraesposizione al virtuale, impariamo nuovamente ad ascoltare con “tutti i sensi” i cambiamenti intorno a noi, proprio quei cambiamenti che ci rendono talvolta inadeguati ad affrontare un compito delicato quanto quello di “istruire e formare le future generazioni”.
Annalisa Laudando
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