La Scuola incontra il Papa, in 300mila a Piazza S. Pietro
Ha avuto un riscontro altissimo la manifestazione ‘La Chiesa per la Scuola’, organizzata il 10 maggio in Piazza S. Pietro a Roma. Sotto un cielo azzurro si sono riversati in 300mila sparsi tra la piazza principale, riempitasi in poco tempo, e Via della Conciliazione. La folla di persone ha raggiunto anche la zona di Castel S. Angelo.
Dopo l’esibizione di diversi gruppi musicali, alle 16.15 il Santo Padre ha cominciato a salutare i presenti, fermandosi spesso a stringere la mano ai tantissimi bambini inneggianti.
Sotto il palco principale i protagonisti sono gli alunni delle scuole primarie cattoliche, tutti festanti e con drappi celesti al vento.
Alle 16.58 Padre Bergoglio scende dalla ‘papamobile’ e si avvia a piedi verso il centro della piazza per rivolgersi alla gente. A precederlo, con un discorso sulla centralità della scuola “per prendere in mano la direzione di marcia, verso il futuro”, è stato il presidente della CEI, il card. Angelo Bagnasco. Nel suo discorso Bagnasco si è soffermato sulla necessità “dell’educare per vivere”.
Subito dopo è stata la volta del ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, che si è rivolto ai ragazzi: “siate esigenti, la vostra scuola deve aiutarvi a scoprire chi siete, ad accompagnarvi in questo percorso”, ha detto il responsabile del Miur.
Giannini ha quindi parlato della responsabilità politica di ridare alla “scuola dignità: perchè insegnare deve tornare ad essere bello ed appassionante. Studiare è il più efficace allenamento alla vita adulta, perché la scuola è bene comune e bisogna garantirlo a tutti, alle stesse condizioni. È il principio di libertà di scelta educativa”.
il Ministro ha anche ricordato che “ogni mattina in italia 22.500 scuole statali e paritarie aprono le porte a 8 milioni di studenti e ai loro insegnanti” e così l’Italia “determina il proprio futuro”, attraverso un “esercizio che non fa rumore”.
Sul palco si è dunque esibito il comico e presentatore Max Giusti, con una parodia sui dialetti italiani.
Poi è stata letta una lettera inviata alle classi di Barbiana, datata 2 novembre 1963, ancora profondamente attuale.
Tra le testimonianze anche quella di Veronica Pivetti, che ha detto ai ragazzi, in particolari ai 15enni, di staccarsi dalle scelte di massa: “dobbiamo avere il senso di quello che siamo, cercando di essere personali in quel che facciamo. Un mio professore, che oggi è morto, mi ha insegnato proprio questo”, ha raccontato l’attrice.
Il dirigente scolastico Giuliana Ceccarelli ha parlato della scelta dell’istituo di Pesaro, da lei diretto, a favore dell’integrazione: degli oltre mille iscritti, ben 35 sono disabili e per loro si tratta di un’esperienza davvero formativa e arricchente.
Valeria Santini, dirigente scolastico di un istituto periferico romano, situato nel quartiere di Tor Bella Monaca, ha raccontato che la sua scuola, ridotta davvero male per le strutture fatiscenti, è stata rupulita da diversi genitori che si sono proposti: un esempio davvero edificante per i figli.
Alle 18.15 ha preso la parola il Papa, che ha ricordato di aver amato la scuola da alunno, da insegnante e da vescovo. Il Santo Padre ha ricordato della maestra che a sei anni “mi ha insegnato ad amare la scuola”. Perchè andare a scuola significa “aprire la mente alla realtà, in tutti i suoi aspetti e nelle sue dimensioni. Se un individuo ha imparato ad imparare, come diceva il grande educatore italiano Lorenzo Milani”, crescerà per tutta la vita.
Padre Bergoglio ha poi ricordato l’importanza “della cultura dell’incontro. È la scuola noi socializziamo”. Ha quindi ricordato un proverbio africano: “per educare un figlio ci vuole un villaggio”.
Il Papa ha detto che la scuola non può essere neutra, ricordando che è “è meglio una sconfitta pulita che una vittoria sporca”.
Bergoglio ha quindi esaltato “il senso del bene”, con “la vera educazione che ci apre alla pienezza della vita. La scuola educa per trasmettere proprio questo: i valori”. Ha poi augurato ai ragazzi di allenare al meglio “le tre lingue: quella della mente, quella del cuore e quella delle mani”. Per tutti questi motivi, ha concluso il pontefice, “non lasciamoci rubare l’amore per la scuola”.