Nel clima d’isteria collettiva che avvolge ormai tutto quanto concerne i giovanissimi — specie se devono cimentarsi con l’esame di maturità (oggi pomposamente definito “di Stato”) — il web pullula di raccomandazioni e rassicurazioni per i poveri studenti “vessati” dalla Scuola. La quale non è più vista come banco di prova per crescere, ma come inutile accanimento di adulti noiosi e boriosi — i docenti, ovvio — contro i giovani, sottratti ingiustamente al beato edonismo consumistico (che ogni buon genitore deve trasmettere ai figli, se li ama).
Il 18 giugno scorso il sito skuola.net ha pubblicato gli esiti di un sondaggio (condotto su 4.000 “maturandi”) che evidenzia gli errori più comuni tra gli studenti in grammatica italiana e cultura generale, onde aiutare i maturandi a evitare i medesimi errori nella prima prova scritta. Ebbene, l’opera teatrale di Pirandello “Così è, (se vi pare)” è attribuita da un quarto degli studenti intervistati a Calvino, addirittura a Gozzano dal 18%. Montale è ascritto al decadentismo dal 17%, e dal 13% al futurismo. Il 21% ignora che Pasolini fu barbaramente assassinato, e crede che tal sorte sia invece toccata a Pavese (a Sciascia il 13%).
Il 9% non sa che il 9 novembre 1989 è caduto il muro di Berlino. «Troppo recente», dirà qualcuno, «perciò non studiato nel programma di storia». Nulla da preoccuparsi, dunque, se anche Borsellino e Falcone risultano ignoti: il 7% li considera politici legati alla mafia, pentiti di mafia il 5%. Poco importa se questi maturandi hanno diritto di voto.
Ci sarebbe da sperare che, con la storia studiata “secondo il programma”, i neoelettori se la cavino meglio. E invece l’11% di loro è convinto che il Regno d’Italia sia stato proclamato nel 1891, mentre nel 1781 pone l’evento ben uno studente su 20! Segno che, non avendone mai sentito nemmeno parlare (di questo come degli argomenti di cui sopra), scelgono a casaccio, perché non in grado di arrivarci nemmeno per esclusione e ragionamento. Eppure nel 2011 (150° della proclamazione) questi fanciulli avevano undici anni e frequentavano la Quinta elementare. Possibile non abbiano capito nulla di quanto i media ripeterono ossessivamente quell’anno? E i loro genitori dov’erano? Perché non parlano mai coi figli di ciò che li circonda? Di che si parla in famiglia? O meglio: si parla ancora nelle famiglie italiane? O si sta tutti chini sul cellulare come i passeggeri dei mezzi pubblici? O si tace sommersi da Canale 5?
L’articolo da cui traiamo questi dati è ben attento a non offendere la sensibilità dei giovani (target principale del sito web): il tono è quello dei consigli dati ai maturandi onde evitare gli errori più diffusi «per non compromettere il voto finale» (non certo per imparare a stare al mondo). Con questo spirito, infatti, si rende noto che il 22% degli intervistati scrive “sufficente” (sic), il 6% “pultroppo”, il 24% “qual’è”, il 40% “qualcun’altro”, il 12% “c’è ne sono”.
Altro articolo della medesima testata: “Prima prova Maturità 2019, guida di grammatica per non fare errori”: bignamino di regolette su doppie, accento, apostrofo, ausiliari, verbi irregolari. Ciò che un tempo si imparava leggendo libri (e riflettendo sul suo senso logico nei primi anni della Scuola Elementare), oggi, 19 anni, non risulta ancora imparato, assimilato, compreso. Perché? Come abbiamo potuto assistere impotenti alla distruzione della nostra civiltà e della nostra Scuola (parallela alla svendita del nostro patrimonio comune?).
Altro articolo ancora: “Commissari esterni Maturità 2019: 6 errori da non fare”. Di questi sei, l’errore più grave sarebbe «non documentarsi sui commissari esterni» per capire «che tipi sono, che preferenze hanno, su quali argomenti puntano». La maturità di un maturando, evidentemente, non è per i giovani lettori un valore in sé, da dimostrare sul campo dopo un lungo percorso di studi, esperienze e riflessioni personali (che qualsiasi insegnante sa certamente riconoscere), ma un ostacolo da aggirare con la furbizia, da bravi aspiranti italioti. La Scuola diventa così palestra di astuzie di basso livello, degna del popolo famoso per il detto «o Franza o Spagna, purché se magna».
Sia chiaro: skuola.net è una testata di tutto rispetto (forse la migliore del genere), che offre un servizio per molti versi validissimo, anche e soprattutto sul piano culturale, con inchieste interessanti che più volte abbiamo citato. I lati che abbiamo appena evidenziato non sono la causa, ma l’effetto dei problemi attuali della Scuola. La testata semplicemente viene incontro alle richieste dei lettori, dà a studenti e famiglie ciò che essi vogliono. Fa, insomma, il proprio lavoro.
Il problema non è chi fa informazione: il problema è la generalizzata concezione della Scuola come mercato dei titoli di studio, ove ottenere i titoli medesimi pagandoli il meno possibile in termini di fatica personale. E di questa concezione possiamo ringraziare gli ultimi 30 anni di politica scolastica, la scuola dell’”autonomia” e dei “progetti”, la “buona scuola” di Renzi e di chi non l’ha abolita (come l’attuale Governo). Le conseguenze le stiamo già pagando tutti, e le pagheremo ancor più nel prossimo futuro.
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