Il governo italiano sarebbe intenzionato sospendere in via temporanea le attività della scuola italiana di Asmara (patrimonio dell’UNESCO per la sua architettura modernista, progettata da architetti visionari in epoca coloniale fascista) e il ministro dell’istruzione eritreo, allarmato, lancia la petizione al presidente del Consiglio, Giuseppe Conti, su Change.org: “Salvate la scuola italiana di Asmara”.
Fondata nel 1903, come su questo portale è possibile approfondire, è la scuola italiana più grande al mondo, con circa 1.200 studenti, di cui circa l’88% eritrei.
Alle parole di allarme del ministro eritreo si si aggiungono le dichiarazioni di padre Vitale Vitali, presidente del Gruppo Missioni Africa che da 45 anni opera nel Corno D’Africa: “La chiusura della scuola italiana ad Asmara deve essere evitata a tutti i costi: da decenni questo istituto forma geometri, ingegneri, la classe dirigente del Paese”.
Ma anche altre voci si sono aggiunte tra ex studenti e insegnanti: “da oltre un secolo ha dato istruzione a migliaia di studenti italiani ed eritrei”; “questa scuola fa parte della storia tra Italia ed Eritrea” e chiuderla “significherebbe distruggere un ponte tra due Paesi”.
Alcuni insegnanti, firmando la petizione, hanno dichiarato di consentire almeno “agli alunni di finire il loro percorso, e perché la scuola di Asmara sancisce l’amicizia tra i nostri due popoli”; “nella scuola di Asmara studiano centinaia di studenti, dalla primaria ai diversi indirizzi di scuola superiore” e “oggi subiscono l’ingiustizia di vedere interrotto immotivatamente il loro corso di studi, senza alcuna possibilità di poter proseguire lo stesso percorso nel territorio”; “questa scuola è tra le più importanti istituzioni italiane all’estero” e che va “sostenuta con un intenso lavoro diplomatico”.
Ma c’è anche un altro aspetto che in tanti mettono in luce, l’importanza che l’Istituto italiano rappresenta dal punto di vista lavorativo. Qui infatti “lavorano tantissimi eritrei e italo eritrei come docenti, collaboratori e ATA, che si troveranno senza preavviso privi del posto di lavoro e senza nessun tipo di riconoscimento da parte dello stato italiano per cui hanno prestato servizio per anni, a volte per decenni”.
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