La scuola italiana è buonista: sino alla terza media sono pochissimi gli alunni italiani che debbono ripetere l’anno scolastico e anche alle superiori risultano meno del 10%. I dati ufficiali del 2024 sono stati emessi alcuni giorni fa dal ministero dell’Istruzione e del Merito: quest’anno nei primi quattro anno delle scuole superiori sono risultati promossi tre studenti su quattro. E quasi il 20% spera di esserlo dopo i debiti formativi. Al quinto anno superare l’anno sono ancora di più: gli studenti ammessi agli esami di maturità 2024 sono stati il 95%; quindi quelli che li hanno superati il 99%. Insomma, di selettivo nella nostra scuola c’è davvero poco e l’impressione è che non si tratti solo di una strategia per non rischiare di perdere gli alunni bocciati, andando così ad aumentare la già alta percentuale di abbandoni scolastici.
C’è chi sostiene che allo studente poco preparato andare avanti non faccia bene: è un messaggio sbagliato e si fa un danno al ragazzo che da adulto non avrà gli strumenti per affermarsi nella vita. Tra costoro figura Franco Ferrarotti, filosofo e tra i padri fondatori della sociologia italiana e docente “Bocciare poco – ha detto di recente il professore alla Tecnica della Scuola – è orrendo, perché non si comunica la consapevolezza che lo studio è passione, emozione, emotività”.
Secondo Ferrarotti, che ha insegnato per mezzo secolo e risulta legato ad una scuola di vecchio stampo, fermare un ragazzo non meritevole è una pratica che non può essere abbandonata: “Negando questo, si fa largo la violenza, che è un desiderio di visibilità: un segnale di presenza, un abbraccio mal calcolato”.
Ferrarotti ha anche affrontato il problema dei giovani d’oggi che non leggono più. “La logica della lettura – ha osseevato – ha bisogno di silenzio e concentrazione. Invece, la logica dell’audiovisivo”, del rincorrere i fatti in tempo reale, “ci porterà un popolo di frenetici, isolati e idioti. Inoltre, “la tecnologia, con la sua logica audiovisiva, ha ulteriormente accentuato la mancanza di concentrazione e il bisogno di visibilità immediata, contribuendo a comportamenti violenti”.
Quindi, il sociologo ha fatto un confronto con il passato, tornando a quando “la scuola italiana era autoritaria: bisogna fare comprendere che lo studio concentrato non è un video-giochi, non è un passatempo”.
Quindi, ha ricordato che “la famiglia moderna, inserita in una società pan-lavorista dove entrambi i genitori devono lavorare, ha perso la sua capacità di essere un’unità autonoma e indipendente. Questo ha portato a una diminuzione del supporto familiare per l’educazione, lasciando i giovani sempre più soli e privi di una guida solida”.
Il sociologo ha commentato anche l’aumento di casi di violenza a scuola: “Studenti e genitori intervengono spesso in modo aggressivo contro gli insegnanti. Questo comportamento riflette una società dove la violenza è diventata un mezzo per esprimere frustrazioni e insoddisfazioni profonde”.
Infine, il sociologo reputa errore il fatto che “i padri siano più amici che padri, perché così perdono autorevolezza”: allo stesso modo “la scuola avanzata non è quella permissiva, in cui tutto va e non si fanno più esami, dove gli studenti devono valutare i professori”.
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