Se solo il 7% degli studenti iscritti ai licei classici hanno i loro familiari senza avere conseguito un diploma, un motivo ci sarà pure? Il sottosegretario al Miur Giuseppe De Cristofaro non ha dubbi: la scuola italiana “è classista e lo dicono chiaramente anche i numeri. Al liceo classico ci va chi viene da una famiglia e da un contesto sociale ben precisi. Naturalmente se facessimo una stima su un istituto professionale vedremmo questo risultato completamente ribaltato”.
Il sottosegretario, di Leu, lo ha detto rispondendo il 18 gennaio ai giornalisti, a margine di un’iniziativa a Firenze, dopo la vicenda dell’istituto comprensivo si via Trionfale a Roma, che sul proprio sito Internet Non aveva alcun problema dire di avere in una sua sede composta da allievi esclusivamente di ceto medio alto e figli dell’alta borghesia.
“Questo è un problema non sopportabile in un Paese democratico – ha detto De Cristofaro – anche perché in Italia c’è stata una fase in cui la scuola è stata quello che dovrebbe essere: un ascensore sociale, uno strumento per costruire l’uguaglianza, e quindi elemento di democrazia. Dobbiamo lavorare per rimuovere queste differenze”.
Per De Cristofaro “non si deve abbassare la soglia della qualità dell’insegnamento. Più è alta e più si abbassa il rischio del classismo“.
Parlando dell’operato del Miur su questo fronte, ha continuato il sottosegretario, “la priorità del ministero è sempre la stessa da un po’ di tempo a questa parte: dare piena attuazione a quella che io chiamo la scuola della Costituzione, la scuola democratica, che in questi anni ha avuto una sofferenza molto forte, come si è visto anche in questi giorni con la vicenda dell’istituto Trionfale a Roma che non va però criminalizzata“.
Una posizione, questa, che appare però più vicina ai sindacati che allo stesso ministero dell’Istruzione e all’attuale titolare del dicastero di viale Trastevere Lucia Azzolina.
“In Italia la crescita delle disuguaglianze e la crisi sociale acuta che si è determinata ha creato luoghi più disagiati – ha concluso il sottosegretario – e altri dove c’è un altro tenore di vita. La scuola deve lavorare il più possibile per rendere la nostra società più democratica. Invece la tendenza con cui ci confrontiamo vede una differenziazione sempre più forte. Per cui la priorità è invertire questa tendenza”.
Nella stessa giornata, sul tema della scuola classista si è espressa anche Camilla Sgambato, responsabile nazionale Scuola del Partito Democratico, la quale ha fatto “un invito ai ragazzi e ai loro genitori che, in questi giorni, sono alle prese con l’iscrizione alle scuole secondarie di secondo grado. Senza infingimenti e senza ipocrisie, scegliete nella maniera giusta e libera tenendo conto soprattutto delle inclinazioni dei vostri figli”.
“Gli alunni purtroppo scelgono il percorso di studi non in base alle loro attitudini, ma in base al rendimento scolastico o, peggio, a seconda dell’ambiente e delle famiglie di provenienza. Questo comporta che la selezione in ingresso tra licei e istituti tecnici e professionali avviene sulla base di un giudizio tra “alunni bravi e studiosi e alunni che non hanno mostrato impegno”, senza soffermarsi, invece, sulle inclinazioni, sui desideri degli studenti. Dobbiamo esserne consapevoli, come genitori e come docenti”.ù
Secondo Sgambato, “gli istituti tecnici e professionali sono scuole di alto profilo, non refugium peccatorum di chi non vuol studiare. Solo con questo approccio, libero da pregiudizi, soprattutto in considerazione dell’importanza dell’innovazione digitale e del sistema economico 4.0, restituiremo alla formazione tecnica e professionale la qualità, la serietà, il rigore didattico che meritano. È ciò che aspetta il mondo dell’industria, delle imprese, piccole e grandi, dell’artigianato, che lanciano da tempo l’allarme della carenza di competenze tecniche e professionali”.
La responsabile nazionale Scuola della segreteria di Zingaretti, ha parlato anche dell’alto tasso di abbandono scolastico che continua ad imperversare in molte scuole.
“Far leva sulle inclinazioni, le capacità e le attitudini di ogni singolo ragazzo – ha detto – è un potentissimo mezzo per combattere la dispersione scolastica, perché un alunno che studia ciò che desidera e gli piace, non si annoia, raggiunge i risultati prefissati e non abbandona gli studi. Ed è ciò che deve realizzarsi in un Paese autenticamente democratico, nel quale non devono esistere scuole di serie A e scuole di serie B”.
Parole di condanna sul caso della scuola romana, ma non solo, sono arrivate anche da Rosa Maria Di Giorgi, responsabile politiche Cultura, Scuola, Università Ricerca e Sport nella presidenza del gruppo Pd della Camera.
“È inaccettabile – ha detto – che nel promuovere la propria attività, molte scuole in Italia, e diverse purtroppo anche
in Toscana, sottolineino, quasi fosse un pregio, l’alto reddito delle famiglie da cui provengono gli alunni, l’assenza di immigrati, o di ‘nomadi’, ed altre affermazioni di taglio chiaramente classiste se non razzista“.
Eppure, “l’articolo 3 della Costituzione garantisce l’uguaglianza sostanziale e formale di ogni cittadino di fronte alla legge: fa male scoprire che proprio in quei contesti in cui si dovrebbe educare i ragazzi a diventare buoni cittadini, si vada così plasticamente contro questo principio fondamentale“, ha detto Di Giorgi.
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