La vicenda della scuola di Via Trionfale a Roma continua a tenere banco; ma, dopo i primi commenti a caldo, per lo più molto indignati nei confronti della scuola, negli ultimi due tre-giorni i toni sono cambiati.
Già abbiamo dato conto della posizione espressa dalla Cisl Scuola che osserva che alla fin fine la scuola si è limitata a pubblicare i dati del RAV, come peraltro richiesto dal Ministero stesso.
Anche il Gruppo di Firenze sottolinea questo aspetto, mentre sulle pagine del Corriere Fiorentino, Valerio Vignoli scrive:
“L’Istituto comprensivo Trionfale, frutto di un recente accorpamento di scuole, è composto da quattro plessi situati in due diversi Municipi (i nostri Quartieri).
Come lo stesso Rav sottolinea, ‘l’ampiezza del territorio rende ragione della disomogeneità della tipologia dell’utenza, che appartiene a fasce socio-culturali assai diversificate’.
Questa premessa (che è stata trascurata) rende più chiaro il carattere diciamo sociologico del testo incriminato, in cui si dice che due sedi ‘accolgono alunni appartenenti a famiglie di ceto medio-alto’, un’altra ‘accoglie alunni estrazione medio-bassa e conta il maggior numero di alunni con cittadinanza italiana’, mentre la quarta ‘accoglie prevalentemente alunni appartenenti a famiglie dell’alta borghesia assieme ai figli dei lavoratori occupati presso queste famiglie’. Ho letto e riletto la descrizione, ma onestamente è difficile condividere le ragioni di chi ha gridato allo scandalo.
E c’é da chiedersi se tanti di quelli che hanno trovato il testo ‘classista’, ‘orribile’, ‘indecoroso’ e per non farsi mancare nulla perfino fascista, l’abbiano davvero letto con attenzione”.
Sulla questione è intervenuto nelle ultime ore Mario Rusconi, presidente dell’ANP del Lazio che osserva: “Per dare un’immagine realistica del contesto sociale ,in cui un istituto e’ immerso,da comunicare all’utenza (genitori,studenti,opinione pubblica) occorrono due condizioni . Anzitutto la presenza di persone in grado di maneggiare uno strumento delicato come la comunicazione “.
Ma il fatto è – aggiunge Rusconi – che “la scuola italiana , tutta, manca da sempre di un ‘middle management’ professionale funzionale alle necessità di documentazione interna e di comunicazione esterna. Al solito si ricorre alla buona volontà di singoli docenti samaritani, in genere disponibili umanamente e, quasi sempre, gratuitamente o remunerati con pochi spiccioli. Si sobbarcano ad un lavoro notevole, spesso non avendo ricevuto una adeguata preparazione in merito”.
Resta poi il fatto che, comunque sia, la scuola romana ha descritto la realtà sociale con cui deve interagire.
Una realtà certamente complicata e non facile da gestire, “rimuovere gli ostacoli” non è compito esclusivo della scuola; l’articolo 3 della Costituzione lo indica come compito che spetta a tutte le istituzioni della Repubblica.
Resta il fatto, positivo, che, grazie a quanto accaduto alla scuola romana di via Trionfale, il tema della “scuola di classe” è tornato alla ribalta del dibattito politico sul nostro sistema scolastico.
Peccato che il tema non sia per nulla nuovo: basta riprendere in mano la vecchia Lettera ad una professoressa scritta dai ragazzi di Barbiana nel 1967 per sapere che il classismo non è affatto un dato recente ma sta quasi nel DNA della nostra scuola.
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