Categorie: Politica scolastica

La scuola italiana più vicina all’Ue, ma il Sud va sempre più a sud

Istat, nel suo ultimo rapporto annuale Bes («Il benessere equo e sostenibile in Italia»), relativo al 2014, dice che la scuola italiana si avvicina agli standard europei e infatti cresce la  fetta di popolazione (25-64 anni) con almeno il diploma superiore: l’aumento è 10 punti percentuali, raggiungendo nel 2014 il 59,3%.

Cresce, riportiamo dal Sole 24 Ore, pure la percentuale di 30-34enni che hanno conseguito un titolo universitario e quella delle persone che hanno svolto formazione continua. Si riduce poi significativamente l’abbandono scolastico: la percentuale di giovani che esce prematuramente dal sistema di istruzione e formazione dopo aver conseguito il titolo di scuola media inferiore (secondaria di primo grado) raggiunge il 15%, dato in calo rispetto al 16,8% del 2013.

Tuttavia, nel 2013-14, la quasi totalità dei bambini di 4-5 anni partecipano alla scuola dell’infanzia (92,1%), ma il dato sconta un calo per due anni consecutivi con una diminuzione di 3 punti percentuali rispetto all’anno 2011/12.

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Piccolo segnale positivo sul fronte Neet – i giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non studiano – che era aumentata in misura considerevole per effetto della crisi economica raggiungendo il 26% nel 2013, si mantiene stabile nel 2014.

Sempre più a sud invece il Sud, dove continuano a essere particolarmente accentuate le differenze territoriali in termini di istruzione e formazione, quote cioè di diplomati e laureati.

Il tasso di uscita precoce dagli studi si attesta al 12% nel Centro-Nord e al 19,3% nel Mezzogiorno, con punte superiori al 23% in Sicilia e Sardegna. Le differenze territoriali sono però aumentate nel 2014: infatti mentre cresce la percentuale dei diplomati nel Centro-Nord non migliora il dato del Mezzogiorno così come l’aumento dei laureati di 30-34 anni nel Sud (dal 17,9% del 2013 al 23,3% del 2014) non è tale da ridurre il divario con altre zone del Paese. Inoltre, è rimasto pressoché costante il divario tra il Mezzogiorno e il Centro rispetto al tasso di uscita precoce dal sistema di istruzione. In controtendenza la Calabria, dove la quota di 30-34enni laureati registra un incremento superiore alla media nazionale (dal 17,9% del 2013 al 23,3% del 2014) portandosi al di sopra anche di alcune regioni del Nord.

Il ritardo del Mezzogiorno, scrive sempre Il Sole 24 Ore, si esprime anche in termini di competenze acquisite, misurate attraverso i punteggi medi al test Invalsi.

Gli studenti della classe seconda della scuola superiore hanno livelli di competenza alfabetica funzionale e di competenza matematica molto più elevati al Nord (rispettivamente 209,9 e 212 punti) che nel Mezzogiorno (rispettivamente 191,3 e 188,6). In particolare, in Basilicata e Sardegna il livello di competenza alfabetica funzionale è inferiore a 190 punti, laddove nella provincia autonoma di Trento, Lombardia e Veneto supera i 212 punti.

Lo studio dell’Istat conferma infine un dato allarmante e che forse riscontriamo per la prima volta nella storia d’Italia e cioè che la scuola non consente più la promozione sociale che prima aveva garantito a tanti ragazzi provenienti da famiglie disagiate di salire i gradini delle differenze di classe.

Il contesto socio-economico di provenienza e il titolo di studio dei genitori continuano a condizionare fortemente la riuscita dei percorsi scolastici e formativi dei ragazzi. I figli di genitori con titoli di studio elevati o professioni qualificate abbandonano molto meno gli studi, hanno minori probabilità di diventare Neet e presentano livelli di competenza informatica maggiori dei figli di genitori con la scuola dell’obbligo o con bassi profili professionali. Si tratta di uno svantaggio marcato che non mostra nessun segnale di miglioramento.

Pasquale Almirante

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