In determinati periodi dell’anno solare riemerge un rigurgito di interesse per l’anno scolastico: a settembre, per l’inizio farraginoso, a corto di docenti; a Natale, per le polemiche sui Presepi e le canzoncine bandite per la rima in “ù”; ai primi di giugno per il finale rocambolesco (bocciature di mezze classi alla volta, tavoli che volano dalle finestre…). La scuola pubblica italiana è in sofferenza…per i 9 decimi che frequentano la pubblica statale, ma anche per il decimo restante che ha scelto (potendolo fare, perché purtroppo i poveri non hanno potuto) la pubblica paritaria.
Un ragazzo del Liceo (intelligente, al 4^ anno, che chiameremo Matteo) ha intervistato suor Anna Monia Alfieri, giurista ed economista, esperta di scuola, che da anni sostiene il “costo standard di sostenibilità per alunno” come importante – se non necessario – modello di finanziamento delle scuole italiane.
Sr. Anna, buongiorno! Se possibile, provi a spiegarmi perché ho cambiato 6 prof. di latino in 4 anni e come mai la prof di Inglese entra ogni volta in classe con 20’ di ritardo, si addormenta in classe, riceve i genitori fornita di brioche e cappuccino, che divora voracemente mentre parla con loro… ma è inamovibile. E fosse solo questo… non spiega, distribuisce i “quattro” come confetti e i “debiti” come caramelle… E premetto che io studio, non sono un lavativo!
Meglio per te…! Guarda, Matteo, il problema di fondo della scuola italiana è che è diventato un mastodontico ammortizzatore sociale, cioè un luogo dove chiunque, anche privo di capacità, può ottenere uno stipendio che lo mantiene per tutta la vita. Chi non sa cosa fare, magari dopo aver lavorato una manciata di anni da qualche parte, va a fare il maestro o il professore. Nella vita civile non esiste che un laureato in giurisprudenza diventi automaticamente avvocato: deve averne le capacità, e pure verificate dallo studio che lo assume, altrimenti perde le cause. Invece un laureato in Lettere è sicuro di diventare professore, anche se ha un tono di voce noioso, se ripete a pappagallo le lezioni, non distinguendo un ragazzino da un banco, o se si fa i fatti suoi in classe. Furbamente, inoltre, questo o questa tale cerca di sistemarsi anche logisticamente, nel paesello di appartenenza, lasciando scoperta la cattedra che occupa di anno in anno, con il meccanismo delle “assegnazioni provvisorie”. E tuo padre paga le tasse per questi bei risultati… Devi sapere pure che tu, Matteo, alunno della scuola pubblica statale, costi 7.500 euro annui allo Stato…. E alcuni studi dicono 10.000!
Ah, sì? Non lo sapevo… Forse nemmeno papà.
Ho amici in qualche buona scuola che lei chiama “pubblica paritaria”, che non mi pare abbiano questi problemi. Come mai?Premetto che a) dico “pubbliche” perché fanno un servizio pubblico, per tutti: pubblico e statale non sono sinonimi! L’ospedale San Raffaele (dove sei stato operato d’urgenza di appendicite) è gestito da privati, ma fa un servizio pubblico e infatti hai pagato solo il ticket; b) parlo di pubbliche paritarie serie, non dei diplomifici, che sono lo 0,3% del totale (fin troppo) e che sono gestiti da gente esperta a imbrogliare, con “belle amicizie” ai posti che contano… In altra sede ti racconterò qualche bel fatterello riguardante questo argomento. Hai presente Cartagine? Dopo averla distrutta, i Romani hanno sparso sale sulle rovine…così bisognerebbe fare con questo 0,3% di scuole paritarie… e con chi le gestisce!
Dopo questa premessa, ti dico perché le scuole pubbliche paritarie serie e valide, che sono il 99,7% del totale, non hanno certi problemi. Anzitutto hanno una identità ben chiara, un progetto educativo spesso secolare, un corpo docente coeso, che fa fronte insieme alle difficoltà, un regolamento dei docenti e dei dipendenti chiaro e condiviso, presidi ben formati, docenti che sanno insegnare – perché altrimenti sono invitati a cambiare mestiere – gestori che non sprecano le risorse provenienti dalle rette dei genitori… E moltissime hanno la certificazione di Qualità, che aiuta a migliorarsi continuamente.
I miei genitori non avrebbero potuto pagare una retta…e poi ci sono i miei due fratelli più giovani. Non sarebbe stato giusto per me sì e per loro no.
Già, le rette: i genitori di quei tuoi amici hanno pure pagato le tasse allo Stato per la scuola pubblica statale, ma hanno scelto – potendolo fare – la pubblica paritaria, che allo Stato costa, tutta insieme, per quel famoso decimo degli studenti che la frequenta, 500 milioni di euro all’anno. E sai quanto costano allo Stato i restanti 9 decimi dei suoi studenti nelle pubbliche statali? Sono precisamente, dice il MIUR, 7.682.635…
Se facciamo un conto ottimistico…devo moltiplicare per 7.500!
Dunque, più di 57 miliardi di euro! Mica male, vero? Soprattutto in rapporto ai risultati… fatte le debite eccezioni. Infatti nella scuola pubblica statale (e quindi, penso, anche nella tua) ci sono docenti e dirigenti eroici, che lavorano senza risparmiarsi, si occupano nel modo migliore che possono dei ragazzi e che…hanno lo stesso stipendio di quelli che nulla fanno nulla, o fanno danno… E’ una gravissima ingiustizia, che ne pensi? Ma chi controlla? E chi provvede? Il ruolo di “controllore” spetta sempre allo Stato, che però, nel caso della scuola pubblica statale, è anche il “gestore”. Quindi, il gestore (lo Stato) chiude occhi e orecchi… E’ l’evidenza.
Ha ragione, sr. Anna… non sembra, ma noi ragazzi capiamo tante cose. I bravi proff. ci sono e a noi piacciono molto. Ma gli altri, quelli che non dovrebbero proprio comparire a scuola, gli rovinano il lavoro e sono pure pagati con i soldi delle tasse dei genitori! Ci sono proff. incapaci e pure invidiosi degli altri, che parlano male anche delle altre scuole… nella nostra città (forse è meglio che non scriva il nome) c’è la guerra tra i Licei scientifici… Le sembra bello che noi ragazzi sentiamo che i nostri docenti spu…anano quelli di una scuola come la nostra, dove studiano ragazzi come noi? Bhò, non mi pare politically correct! E per giunta con una spesa che mi pare da pazzi! Ma siamo sicuri?
Sono dati del MIUR, il Ministero dell’Istruzione. E sai quanto costano di retta scolastica i tuoi amici delle pubbliche paritarie ai loro genitori?
Bhè, se io costo da 7.500 a 10.000 euro allo Stato… e loro hanno bravi proff., ordine e civiltà a scuola e bagni puliti, come mi dicono… forse 15.000.
No… In media 5.000 euro all’anno. (Matteo sbarra gli occhi). Dunque c’è qualcosa che non quadra: 1) lo spreco delle risorse; 2) l’incapacità dello Stato di controllare quello che lui stesso gestisce; 3) la mancanza di consapevolezza e senso critico degli italiani; 4) l’impossibilità – da parte del genitore – di scegliere la buona scuola pubblica (statale o paritaria) che ritiene giusta per il proprio figlio, come è scritto nella Costituzione e nella Dichiarazione dei Diritti umani. E come succede in tutti i Paesi europei, tranne Grecia e Italia… Pensa anche a quel tuo compagno disabile, che cambia prof. di sostegno ogni anno e che se lo vede quasi sempre usato come supplente… i genitori sarebbero felici di iscriverlo alla pubblica paritaria… ma non possono. E neanche la scuola può riceverlo: come paga il prof. di sostegno? Lo fa pagare ai genitori degli altri alunni? Iniquo. Spetta sempre allo Stato provvedere al disabile.
Suor Anna Monia, mi spiega con parole comprensibili che cos’è il costo standard che secondo lei sarebbe l’unica soluzione per “salvare la scuola pubblica italiana tutta, statale e paritaria”?
Lo Stato non può più spendere neppure una lira per la scuola pubblica, sia statale che paritaria, entrambe destinate – per motivi diversi – al collasso. Il costo standard di sostenibilità per allievo è un nuovo modo di calcolare le spese scolastiche nella scuola pubblica (che per legge è statale e paritaria) e rispetta la libertà di scelta della famiglia. Questo costo è una “quota pro capite” che lo Stato deve anzitutto calcolare correttamente e poi dare all’alunno e alla famiglia, che lo assegnano alla scuola prescelta. In soldoni: il finanziamento spetta all’allievo e alla famiglia (che paga fior di tasse allo Stato) e, di conseguenza, quest’ultima lo assegna alla scuola pubblica – statale o paritaria – che preferisce. Chiaro che per l’alunno disabile la quota pro capite sarebbe maggiore, perché la scuola deve pagare il prof. di sostegno. Ovviamente, la scuola, per essere scelta e ricevere la “quota capitaria” dalla famiglia, deve essere appetibile, evitare sprechi, fare attenzione che i prof. siano veri professionisti (non come la tua prof. di inglese), curare tutti gli aspetti importanti della vita scolastica. Se il genitore non potesse scegliere, esisterebbe solo la scuola pubblica statale, come nei regimi totalitari. Il discorso è tutto qui. Pensaci. Per oggi basta così! Il resto nelle prossime puntate!
Grazie, sr. Anna Monia! Preparerò altre domande… oppure approfondiremo gli argomenti di oggi!
Ottimo! Ci sono sempre per te.
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