Attualità

La scuola, muraglia contro il razzismo

Ancora razzismo nel “bel paese là dove ‘l sì suona”. Stavolta il putrido segno del pregiudizio razziale è stato lasciato a Prato, dove il muro della Biblioteca Lazzerini (fondata quarant’anni fa ed attualmente ospitata nello storico edificio di una fabbrica tessile ottocentesca) è stato imbrattato da vergognose scritte razziste. “Siamo di fronte a un atto di odio”, commenta il sindaco di Prato Matteo Biffoni, “con l’aggravante dello sfregio e del danno a un bene pubblico i cui costi di ripristino graveranno sulle tasche di tutti i cittadini. Abbiamo già provveduto a coprire la scritta e nelle prossime ore inizieremo i lavori per il ripristino completo della porzione di muro danneggiata”.

È solo l’ultimo episodio di una serie infinita, che nel nostro Paese sta facendo molto clamore, e che dimostra il rinascere di una gravosa insofferenza nei confronti del diverso, del povero, dello straniero.

L’argine alla piena

Per arginare questa piena di intolleranza e di odio, l’unica muraglia che possiamo erigere è quella che si edifica con la cultura e con la conoscenza. L’istituzione che la Costituzione del 1948 ha ideato per diffondere conoscenza e cultura è la Scuola. Per questo la Scuola è la grande opportunità che l’Italia possiede per non ripetere gli errori e gli orrori di ottanta anni fa.

Ma la Scuola più efficace, al fine di tessere una trama di tolleranza, di comprensione reciproca e di integrazione, non è quella dei progetti.

Più volte il nostro giornale si è pronunciato in favore di una scuola delle buone pratiche didattiche, in cui l’insegnante torni a spendersi anima e corpo per diffondere conoscenza e valori, più che per compilare progetti “di immagine”, per quanto popolari essi siano tra gli “utenti”. Attraverso le buone pratiche didattiche quotidiane, attraverso lo studio disinteressato, attraverso la passione del docente per quello che insegna, può costruirsi l’integrazione degli alunni (ancorché di origini diverse) nel gruppo classe.

Quell’integrazione che non nasce dall’estemporaneità di un progetto; perché quest’ultimo, benché interessante, non può sostituire la quotidianità del vissuto, né l’omogeneità di un percorso culturale coerente ed unitario.

Scuola, non “progettificio”

Solo la cultura può salvarci dal razzismo, allo stesso modo in cui può risvegliarci da qualsiasi sonno della ragione prolifico di mostri. Per “cultura” dobbiamo però intendere quella curricolare, nata dall’elaborazione razionale e moderna del sapere plurimillenario dell’umanità, e sistematizzata attraverso la tradizione epistemologica e didattica che affonda le proprie radici negli ideali  dell’illuminismo e della Rivoluzione francese. Una tradizione finalizzata alla creazione del pensiero critico, alla nascita della capacità di distinguere tra bisogni e desideri, a quello spirito di rispetto e di tolleranza che è alla base del libero pensiero.

Perché la Scuola possa riagganciarsi proficuamente a questa benefica tradizione, è fondamentale lasciare agli insegnanti la libertà di tornare ad insegnare ciò che amano nel modo che amano. Poiché, come Antonio Gramsci sottolineava, il vero docente, l’insegnante che “lascia il proprio segno” positivo nella crescita dell’allievo, è quello capace (e libero) di sentire, di conoscere, di comprendere la cultura che diffonde. Un docente così è un intellettuale autentico, perché comprende fondo ciò che ha studiato, e studia e comprende perché ama l’oggetto delle proprie conoscenze, ben sapendo che (come dice anche Daniel Pennac) queste possono render felici (e libere) altre persone.

Comprendere, sapere, sentire: questa sola è la cura definitiva contro ogni intolleranza, contro ogni razzismo, contro qualsiasi tipo di violenza. Giacché violenza, razzismo e intolleranza non sono innati nell’essere umano; e non dipendono nemmeno dall’istigazione idiota di questo o quel politico in cerca di facili consensi. Madre del razzismo è la paura, che nasce a sua volta dall’ignoranza.

Fatti non fummo a viver da razzisti

Nelson Mandela lottò tutta la vita contro il razzismo, sopportando ventisette anni di durissimo carcere, tormentato da sbirri che non cessavano di manifestargli il proprio odio nei modi più disgustosi; eppure si convinse che “Nessuno nasce odiando un’altra persona per il colore della sua pelle, per la sua storia o per la sua religione. Le persone devono imparare ad odiare e, se possono imparare ad odiare, gli può essere insegnato l’amore, anche perché l’amore arriva più facilmente al cuore umano che il suo contrario”.

Ecco perché la Scuola pubblica, libera ed inclusiva (istituita dalla Costituzione) va salvata e potenziata.
Senza una Scuola così, ogni orrore è tragicamente ripetibile anche nel futuro più prossimo.

Alvaro Belardinelli

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